Il tema dell’immigrazione e la sua gestione è nuovamente in cima all’agenda europea. Oggi è in Olanda, ad Amsterdam, che si sono riuniti i ventotto ministri degli Interni dell’Unione europea per cercare di trovare una “quadra” molto difficile, quella riguardante la “tutela” e “conservazione” del Trattato di Schengen, uno dei pilastri che tengono in piedi questa complessa istituzione sovrastatale chiamata Europa.
In questi ultimi giorni – durante i quali si sono verificati nuovi arrivi e sbarchi di migranti – alcuni paesi europei hanno iniziato ad intraprendere, o minacciato di intraprendere, alcune drastiche misure, come la chiusura delle proprie frontiere, venendo di conseguenza meno alle regole del più noto trattato riguardante la libera circolazione all’interno dei confini Ue. Stiamo parlando in primis di Germania, Svezia, e Austria, che hanno già scelto di reintrodurre temporaneamente i controlli alle proprie frontiere per far fronte all’arrivo di una nuova ondata di richiedenti asilo, una scelta che però sembra voglia essere prolungata. Addirittura da altre capitali europee – come quella ungherese e polacca – sembrava che l’intenzione fosse quella di chiudere completamente le frontiere interne dell’Europa per due anni o quella di espellere la Grecia dall’area Schengen. Fortunatamente queste due ultime opzioni sono già state smentite dalla Commissione Ue e dal ministro tedesco Steinmeier.
In ogni caso, l’obiettivo delle minacce potrebbe essere stato quello di incalzare Italia e Grecia affinché facciano fronte agli impegni presi con l’Ue e inizino a rendere operativi gli “hotspot”, ossia i centri di identificazione dei richiedenti asilo all’interno dei propri paesi. E l’Italia sta cercando proprio l’appoggio di Berlino, che due giorni fa tramite la voce del suo ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha preso una posizione di dura contrarietà nei confronti della eventuale costituzione di una mini-Schengen all’interno dell’Europa. “Distruggere il sistema Schengen vuol dire mettere l’Europa drammaticamente in pericolo, dal punto di vista politico ed economico”, ha infatti affermato Schäuble.
Ue, la proposta salva-Schengen
Ad Amsterdam si sta quindi cercando di giungere a un punto che, di nuovo, unisca invece di alimentare divisioni: la proposta della Commissione ora in analisi da parte dei ministri Ue è quella di creare un corpo europeo di guardie di frontiera con cui gestire gli ingenti flussi migratori del Mediterraneo.
“Mettere in discussione l’idea di Schengen significa uccidere l’idea di Europa. Abbiamo lottato per decenni per abbattere i muri: pensare oggi di ricostruirli significa tradire noi stessi”, ha scritto oggi il premier italiano Matteo Renzi nella sua Enews commentando il vertice olandese, mentre il ministro degli Interni Angelino Alfano ha avvertito che “Abbiamo poche settimane per evitare che Schengen si dissolva tra gli egoismi nazionali”. Non è infatti d’accordo il capo del Viminale riguardo l’ipotesi di esclusione della Grecia dall’area di libera circolazione, considerandola come “l’inizio dello sgretolamento”, mentre l’Italia “è dell’idea che l’Europa debba rimanere ad assetto stabile”. Noi – ha poi continuato Alfano – abbiamo una posizione molto chiara su Schengen: bisogna rafforzare i controlli e rendere veramente sicuri i controlli alle frontiere esterne dell’Ue. Facendo questo, salveremo il diritto alla circolazione libera e sicura all’interno”.
Berlino: “Atene faccia i suoi compiti”
Nel frattempo la Germania ha parlato di tempi stretti e tirato nuovamente in ballo la Grecia, sollecitandola a svolgere in fretta “i suoi compiti”: “Noi eserciteremo pressione sulla Grecia affinché faccia i suoi compiti”, sono state infatti le parole del ministro tedesco Thomas de Maiziere durante il vertice. “Vedremo a che risultati si arriverà nelle prossime settimane. Vogliamo mantenere Schengen – ha poi aggiunto – ,vogliamo soluzioni comuni europee, ma il tempo stringe“. E a proposito di questo non ha tardato ad arrivare la risposta della Grecia, la quale si è detta stanca di “questo ingiusto gioco di accuse”, mentre il suo ministro alle Politiche migratorie Yoannis Mouzalas ha spiegato che “carenze e ritardi” in questo senso spesso “non dipendono da Atene”.
Infine un commento importante, che ha definito in un certo senso la linea prevalente al vertice, è stato quello della portavoce dell’esecutivo comunitario, Natasha Bertaud, che ha spiegato che “La sospensione di Schengen o l’esclusione di un Paese da Schengen sono due possibilità che non esistono. Stiamo discutendo invece la possibilità di applicare l’articolo 26 del codice di Schengen“. Quest’ultimo prevede la possibilità, in caso di crisi ed emergenze che perdurano, di estendere i controlli alle frontiere interne fino a due anni di sei mesi in sei mesi.
In ogni caso, la situazione sul fronte Europa è complessa, e il pericolo per alcuni paesi di compiere gesti azzardati di fronte ad un’emergenza di così ampie proporzioni non si può ancora definire scongiurato.