Teoria dei giochi ed elezioni comunali: le mosse del Pd

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Teoria dei giochi ed elezioni comunali: ecco le mosse del Pd

“La minoranza interna non è morta”. Sembrerebbe il titolo di un vecchio film da cinema d’essai, invece è la sintesi narrativa migliore per quello che sta avvenendo nei meandri della sinistra parlamentare di governo e d’opposizione. In vista delle prossime elezioni comunali di maggio e giugno il PD sembra voler fare quadrato per la sfida politica di tutte le amministrazioni in ballo, cercando di seguire il principio della teoria dei giochi: il soddisfacimento primario dell’utile al minimo costo strategico.

Di ciò il premier Matteo Renzi è ben cosciente. Peccato che la dissidenza interna, specie per ciò che concerne alcune amministrazioni importanti quali Roma e Napoli, non sembri proprio voler rimanere fedele alla linea. Un assaggio della resa dei conti che dovrà valutare la resistenza complessiva dell’Esecutivo sul prossimo referendum confermativo di ottobre? La tesi è azzardata, ma in fondo la teoria dei giochi nacque, grazie al genio di Blaise Pascal e di Pierre de Fermat, come calcolo delle probabilità proprio all’interno del gioco d’azzardo.

Roma: le elezioni comunali e il “nodo Giachetti”

Sulle sorti del Campidoglio si giocano alcune delle mosse più importanti per l’affermazione politica e per la credibilità istituzionale del governo di Matteo Renzi. Il candidato ufficiale del Partito Democratico fedele al presidente del Consiglio per le venture primarie capitoline, Roberto Giachetti, non sembra riscuotere il gradimento della mai sopita (altro titolo da affiancare al primo) minoranza interna, né del resto del panorama progressista.

Nella “Ditta” i malumori circa l’ex parlamentare radicale sarebbero forti a causa della sua differente formazione ideologica, troppo estranea alla scuola politica di Pier Luigi Bersani e di Massimo D’Alema. Nelle ultime ore, dalle carbonerie interne al Pd invise al premier, sarebbe circolato il nome di Massimo Bray, ex ministro della Cultura, il quale potrebbe rappresentare il collante giusto tra la minoranza interna e le sinistre d’opposizione parlamentare ed extraparlamentare. In buona sostanza, uno scenario composito che rischia di paventare seriamente delle elezioni comunali figlie di un frazionamento politico generalizzato.

Le elezioni comunali come sistema: Milano e Napoli

Nel capoluogo lombardo le tattiche del governo sembrano abbastanza assodate e palesi. La candidatura di Giuseppe Sala per le prossime primarie del Partito democratico del 7 di febbraio rappresenta un ariete di sfondamento affidabile per Matteo Renzi, cui difficilmente potrà essere contrapposto qualcosa d’alternativo, Francesca Balzani e Pierfrancesco Majorino permettendo. In quel di Napoli, invece, i giochi non paiono essere per nulla chiari.

Nell’ottica di un possibile sistema politico del consenso, grazie alle prossime elezioni comunali, il Partito democratico potrebbe avere una ghiotta chance per presentarsi alla Nazione quale unica forza di governo sempre più legittimata dal voto popolare al Nord, così come anche a Sud dello stivale. Bassolino dovrebbe poter ricevere il sostegno della minoranza, mentre per ciò che riguarda il governo, non vi sarebbero ancora indicazioni di massima. Eppure il gioco vale la candela: l’asse politico che parte da Milano, passa da Roma ed approda a Napoli potrebbe realmente spostare le economie della maggioranza verso quella utopia chiamata “Partito della Nazione”, con buona pace dei titoli da cinema d’essai.

Riccardo Piazza