Balcani: la nuova frontiera dell’estremismo islamico
I Balcani sono sempre stati una naturale zona di passaggio, un ponte tra l’Oriente e l’Europa. Oggi quelle terre vengono attraversate quotidianamente da migliaia di persone che fuggono dalla guerra. Ma è vero anche il contrario: in tanti fanno la strada che porta in Siria e in Iraq, e la fanno con l’obiettivo di andare a combattere al fianco dell’ISIS. Bosnia, Macedonia, Kosovo e Albania sono paesi dove l’infiltrazione dell’estremismo islamico è in crescita.
Balcani: la nuova frontiera dell’estremismo islamico
Secondo gli studi dell’International Center for Strategic Studies è possibile contare circa 150 albanesi, 250 bosniaci e 300 kosovari che si sono recati in Medio Oriente per unirsi all’ISIS: ma sono numeri da prendere con le molle, perché stime più accurate sono difficili. In Kosovo (nazione di 1,8 milioni di abitanti), le cifre sono le stesse elaborate dal ministero degli Interni. La presenza di foreign fighters partiti dai Balcani è stata segnalata sin dal 2013. Un centinaio sarebbero già tornati a casa.
La propaganda viene fatta con gli strumenti di sempre. La scorsa primavera l’ISIS ha diffuso “Honor is in Jihad. A Message to the People of the Balkans”, un video che incitava i musulmani dei Balcani a portare la jihad nei propri paesi e ad abbracciare lo Stato Islamico. La guerra combattuta in Bosnia tra il 1992 e il 1995 veniva utilizzata come miccia per incendiare gli animi, una giustificazione storica a sollevarsi contro l’Occidente e gli infedeli.
Il contesto generale fa la sua parte: corruzione, debolezze economiche e disoccupazione facilitano l’infiltrarsi dell’estremismo, soprattutto tra i più giovani. La presenza di imam radicali viene registrata con sempre maggiore frequenza: spesso hanno studiato nella penisola araba.
I governi dell’area si stanno attrezzando per estirpare il fenomeno anche attraverso leggi più severe. Inoltre, numerose operazioni nei mesi scorsi hanno portato all’arresto di estremisti e allo smantellamento di alcune cellule. Eppure penetrare negli ambienti dell’Islam radicale è difficile anche perché spesso vanno dipanate matasse fatte di stretti legami familiari. E poi c’è la vicinanza tra l’estremismo islamico e il crimine organizzato: l’ISIS verrebbe finanziato anche attraverso la vendita della marijuana, ad esempio.
Secondo l’Europol, è possibile che l’ISIS abbia allestito campi di addestramento in alcuni paesi Ue e nei Balcani. L’Italia è distante meno di duecento chilometri di mare, che diventano appena una settantina dove la Puglia sfiora l’Albania. Quanto c’è da essere preoccupati? Su questo, come spiegava l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, gli analisti si dividono. Secondo alcuni, l’obiettivo dell’Islam radicale è usare l’area dei Balcani come base logistica, sfruttandone posizione e caratteristiche. Secondo altri, il progetto è invece assai più ambizioso ma al momento gli ambienti vicino all’estremismo islamico che operano in quei paesi non avrebbero le capacità per metterlo in atto. Il ritorno dei foreign fighters che sono andati a combattere con l’ISIS potrebbe un domani scatenare tensioni e rendere di nuovo instabile i Balcani.
Antonio Scafati