Siria: accordi di pace sospesi, 400 mila senza aiuti umanitari
Siria: dialoghi congelati fino al 25 febbraio. Questa la decisione delle Nazioni Unite che hanno sancito la sospensione dei dialoghi di pace per la Siria a partire dal 3 febbraio scorso. Eppure lunedì primo febbraio, il governo siriano aveva deciso di togliere l’assedio sulle località di Madaya, al-Foua e Kefraya. “Il negoziato non è fallito”, assicura Staffan de Mistura, inviato speciale dell’ Onu, ma è davvero difficile non pensare il contrario.
Siria: le richieste dell’opposizione
Nessuna delle richieste avanzate dall’opposizione in cambio della partecipazione con il regime è stata accolta. Si chiedevano la liberazione di donne e bambini dalle prigioni di Bashar al Assad e la fine dell’assedio di quindici centri abitati siriani dove la gente sta lentamente morendo di fame e i russi continuano a bombardare. Mancando queste basi, ogni dialogo diventa impossibile. “Siamo venuti a Ginevra per ottenere che il nostro popolo venga soccorso e che la risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza dell’ Onu sia implementata, il che significa aiuti umanitari, l’interruzione degli assedi e la fine degli attacchi sulla popolazione civile” ha dichiarato il portavoce dell’Hnc, Salem al-Muslet. Il principale partito curdo della Siria invece, il Partito dell’Unione Democratica (Pyd), è stato escluso dai colloqui di pace per via dell’opposizione della Turchia.
Siria: perché proprio il 25 febbraio?
L’11 febbraio si incontreranno a Monaco tutte le potenze che fanno parte del conflitto e avranno circa 14 giorni per delineare una “strategia comune”. Ecco perché i dialoghi sono stati sospesi fino al 25 febbraio. Fondamentale sarà la presa di posizione da parte di Putin: gli attacchi russi negli ultimi tre mesi hanno permesso all’esercito siriano di guadagnare terreno, con questo vantaggio Assad può presentarsi ai colloqui in posizione senz’altro privilegiata. Proprio per questo, Vladimir Putin non sembra intenzionato ad interrompere gli attacchi aerei, specialmente intorno ad Aleppo.
Siria: il ruolo di Mosca nel fallimento dei ribelli
Putin potrebbe però essere disponibile ad un compromesso: i paesi sunniti, di qui a poco tempo, potrebbero fornire ai ribelli armi per contrattaccare la Russia. In questo modo l’esercito russo si ritroverebbe da solo, circondato dalla moltitudine sunnita mediorientale.
Una prospettiva che non fa presagire nulla di buono. Difficile però intravedere un’apertura nelle parole di Sergei Lavrov, ministro degli esteri russo, che ha dichiarato: “gli attacchi russi non finiranno finché non saranno sconfitte le organizzazioni terroristiche come Jabhat al-Nusra”. Intanto ci sono più di 400mila persone bloccate nei villaggi siriani che non riescono a ricevere aiuti umanitari e lottano quotidianamente contro fame e bombardamenti. Una situazione che l’Onu non può sottovalutare.
Federica Albano