Delinquenza giovanile, Alfano: “Abbassiamo l’età punibile”

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Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, propone l’abbassamento dell’età punibile per abbattere la delinquenza giovanile. E lo ha fatto durante un forum del quotidiano Il Mattino, a margine del comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, che si è tenuto ieri, a Napoli. La scelta non è stata casuale, perché, nel corso del 2015, il capoluogo partenopeo ha fatto registrare una crescita del numero di omicidi, in controtendenza con l’andamento nazionale.

Sulla delinquenza giovanile: “A 16 anni oggi si è consapevoli della gravità dei crimini che si compiono”

L’obiettivo, ha spiegato il ministro ai cronisti del giornale partenopeo, è quello di “lavorare per far tacere le pistole” nella città campana, dove già il titolare del Viminale era stato in visita lo scorso fine settembre. L’incontro odierno, quindi, è servito sia per elaborare nuove strategie di lotta al crimine sia per fare il punto della situazione su quanto già svolto. “Nella scorsa mia visita” ha precisato Alfano “era emerso il fatto che serviva un rafforzamento degli organici. Sia in quantità sia in qualità. Bene, posso dire che rispetto ad allora, il totale delle unità è di 440 uomini in più”. Anche il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, è intervenuto, sottolineando la necessità di evitare che “questo sangue interrompa il riscatto della nostra città”.

Alfano, poi, ha parlato della necessità di impedire il dilagare della delinquenza giovanile, sottolineando che “la modernità porta a questo”. “I 16-17 anni di oggi non sono quelli di una volta, oggi si conosce esattamente la gravità di un crimine che si compie”. Per il vicepremier, dunque, esiste “una parola di cui non aver paura, repressione. E di un’altra parola: deterrenza: ciascun cittadino, di qualunque età, deve aver paura della reazione dello Stato”.

 

Sulla delinquenza minorile, poi, Alfano è tornato anche questa mattina, durante il suo intervento ad Agorà: “In 6 mesi sono stati arrestate 180 persone, eppure si continua a sparare e gli omicidi crescono. Perché? La risposta è che ci sono le baby gang” ha affermato. Per il ministro, dunque, “forse allora non si può dire che a 16 anni tu sia inconsapevole di quello che fai con una pistola in mano”, ma “non possiamo dare la possibilità a chi vuole giovarsi delle pene più tenui, più leggere nei confronti dei minorenni per usarli”.

Ma psichiatri e psicologi non sono d’accordo

Se il titolare del Viminale, dunque, è per il pugno di ferro contro la criminalità giovanile, così non la pensano psicologi e psichiatri. Fabio Sbattella, ricercatore e docente di Psicologia dello sviluppo alla Cattolica di Milano, rigetta la tesi del ministro: “Purtroppo non è vero che a 16 anni si concepisca la gravità di un crimine”, ha spiegato il professore all’Ansa. A quell’età, infatti, continua Sbattella, “regna un’immaturità diffusa per quanto riguarda la responsabilità sociale” e le ricerche “dimostrano che sono in realtà poco consapevoli rispetto ai loro comportamenti e ai danni che provocano negli altri”. In sostanza, per l’accademico, si deve operare su un altro fronte: l’educazione “al tema della responsabilità” e per far ciò “sono indispensabili figure adulte e di riferimento”.

Anche il titolare della cattedra di Psichiatria all’Università Pontificia Gregoriana, Tonino Cantelmi, si deve puntare più sulla prevenzione che sulla cura: “Puntare sulla repressione è perdente, il lavoro vero da fare, se si vuole ottenere qualcosa, è sulla prevenzione”, ha spiegato il docente, sottolineando come “devianza e marginalità” siano “problematiche dal risvolto non solo sociale, ma anche psicologico”. Insomma, per Cantelmi “pensare” che l’abbassamento dell’età punibile risolva il problema “è un’illusione”.