Il primo vertice fra i 28 capi di stato e di governo europei, all’indomani del voto che ha visto un sostanziale pareggio fra socialdemocratici e popolari, con questi ultimi leggermente avanti in quanto a euro-scranni conquistati, si è tenuto ieri sera. Cena informale convocata per le venti. Un incontro durato più di cinque ore, a cui ha partecipato anche il premier Renzi. Sul tavolo la presidenza della commissione europea rivendicata da Jean Claude Juncker e i malumori di Inghilterra e Ungheria, refrattari ad affidare la presidenza al candidato dei popolari.
Una riunione, quella svoltasi a Palazzo Justus Lipsius, su cui, inevitabilmente, è piombato l’esito della consultazione europea, con il ko dei filogovernativi in Francia ed Inghilterra per mano, rispettivamente, del Front National di Marine Le Pen e dell’Ukip di Naigel Farage. Un’ondata, quella dell’affermazione dei populisti e dei partiti anti-euro, che oltre ad aver ridisegnato gli equilibri dell’Europarlamento rende, difatti, sia Martin Schulz che Juncker pretendenti poco forti alla presidenza della commissione.
Ed è per questo che ieri si è discusso anche di nomine. Nei prossimi mesi dovranno essere rinnovati tutti i vertici dell’Eurozona. Sul cambio di poltrone non potrà non pesare l’esito delle consultazioni di domenica e questo il premier Renzi lo sa. “Se vogliamo salvare l’Europa dobbiamo cambiarla” avrebbe apertamente intimato ai colleghi europei il premier, forte del risultato conseguito in casa, con il PD primo partito nel gruppo dei socialisti europei e il 40% dei consensi conquistati.
L’aver riportato l’unica performance positiva in Europa, contrastando gli anti-euro del Movimento di Beppe Grillo, consente a Renzi di avere un ruolo di primo piano nella partita delle nomine. Fuori la Francia, ora il vero tandem è quello fra la Germania della cancelliera Merkel e l’Italia di Matteo Renzi. “Prima mettiamoci d’accordo sul programma, poi decidiamo i nomi” ha detto il Presidente del Consiglio per dissimulare un certosino lavoro diplomatico che, in queste ore, potrebbe portare Enrico Letta ad essere il candidato alla presidenza per l’Italia. Se le chance di Schulz e Juncker sembrano diminuire di ora in ora, a causa dei veti incrociati di Germania, Inghilterra, Ungheria e Olanda, Renzi potrebbe approfittare del ritrovato ruolo di primo piano dell’Italia per giocare la carta Letta, da sempre apprezzato in ambito interazionale.
Circolano i nomi, poi, del polacco Tusk, del finlandese Katainen e dell’irlandese Kenny che, in queste ore, si sono resi disponibili ad assumere la presidenza. Un partita troppo importante quella delle nomine, soprattutto per l’Italia. Se il premier riuscisse nell’impresa impossibile di imporre un italiano alla guida della Commissione, con il semestre europeo a guida Renzi ormai alle porte, l’Italia avrebbe difatti un ruolo dirigente, non solo simbolico, alla testa del nuovo Parlamento post-elezioni. Un’occasione troppo importante: le trame diplomatiche che Renzi sarà in grado di tessere di qui a qualche settimana potrebbero essere decisive. Nel frattempo, la riunione di ieri ha consegnato al presidente Van Rampouy il mandato di avviare le procedure per il rinnovo delle nomine e la formazione del nuovo parlamento di Bruxelles.
Intanto arrivano le prime reazioni italiane in merito all’eventualità di una candidatura di Enrico Letta alla Presidenza della Commissione. “Penso che sarebbe un’ottima candidatura”, è il commento del Guardasigilli Andrea Orlando.
Carmela Adinolfi