Crisi Libia: l’Italia scommette sulla nascita del nuovo governo
Crisi Libia: a seguito del rovesciamento di Gheddafi nel 2011, la Libia è piombata nel caos. Il paese è diviso tra due governi principali, uno di matrice islamista con sede a Tripoli e uno legittimo a Tobruk, nella parte orientale. La comunità internazionale ha compiuto grossi sforzi diplomatici negli ultimi mesi per giungere ad un processo di mediazione tra Tripoli e Tobruk volto a formare un governo di unità nazionale che fosse formalmente in grado di richiedere un intervento militare contro l’Isis che in Libia ha conquistato ampie porzioni di territorio.
Crisi Libia: l’Italia scommette sulla nascita del nuovo governo
Un passo avanti decisivo sotto questo fronte, a seguito della conferenza di Roma del 13 dicembre scorso, sembrava essere stato compiuto a Skhirat, in Marocco, con la firma del trattato di pace tra i rappresentanti del parlamento di Tripoli e Tobruk. Uno dei risultati di questo trattato sarebbe stato la creazione di un governo guidato da Fayez al Sarraj, tuttavia lo scorso 25 gennaio la fiducia al governo di unità nazionale non è stata votata. Il parlamento di Tobruk avrebbe voluto una squadra di governo più snella, formata da soli 17 ministri rispetto ai 32 proposti.
L’8 febbraio, nuova data designata per la presentazione della nuova lista dei ministri, il consiglio presidenziale guidato dal premier designato Fayez al Sarraj ha chiesto al parlamento di Tobruk un rinvio. Potrebbe rimanere vacante il ministero della difesa congelando il ruolo del generale Khalifa Haftar, nemico delle milizie al potere a Tripoli e causa del mancato accordo sul primo governo di unità nazionale.
Il nostro paese, che da sempre segue molto da vicino le vicende libiche, è impegnato in primo piano per evitare che vengano prese, come già avvenuto in passato, decisioni di cui saremo noi i primi a subire le conseguenze negative sia in termini economici che di ondate migratorie nel mediterraneo. La Libia, grazie agli sforzi della diplomazia tornerà probabilmente ad avere un governo unitario ma in tanti anni di caos è divenuta anche terreno fertile per Daesh che sembra volerla trasformare in un hub terroristico. Ed ecco che il segretario di Stato americano John Kerry nel suo intervento il 2 febbraio a Roma allo small group della coalizione anti Isis insiste sempre più per un coinvolgimento della comunità internazionale, Italia compresa, in Libia «per schiacciare lo Stato islamico in ogni angolo del mondo».
L’importanza della questione ha posto al centro dell’incontro di lunedì 8 febbraio tra il presidente della Repubblica Mattarella e Obama a Washington il tema libico. Sembra che durante l’incontro avvenuto anche alla presenza del vice Joe Biden, del segretario di Stato Kerry e del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sia emersa la strategia italiana da adottare a riguardo: l’Italia si impegnerà in Libia per assicurare stabilità al paese ed attuare una lotta nei confronti dell’Isis ma richiede innanzitutto una presa di posizione da parte delle Nazioni Unite. Come affermato anche dal ministro Gentiloni non «si può rinunciare alla stabilizzazione della Libia per limitarsi a compiere delle azioni militari. Un governo unitario libico è indispensabile anche per collaborare nella gestione dei flussi migratori e per promuovere lo sviluppo del Paese».
Pensare di intervenire in Libia senza una chiara strategia politica sarebbe peggio che non intervenire affatto e i primi a pagarne le conseguenze dopo i libici saremmo noi italiani ed europei.
Yari Galli
(Mediterranean Affairs – Editorial board)