Ddl Cirinnà alla prova del voto a Palazzo Madama
Dopo settimane di polemiche, oggi, il Senato voterà il controverso Ddl Cirinnà, che mira a disciplinare le unioni civili omosessuali e le convivenze civili per le coppie eterosessuali. Un provvedimento sul quale esiste una maggioranza trasversale e differente rispetto a quella che appoggia il governo Renzi e che vede Palazzo Madama diviso.
La tensione era già alta questa mattina: l’accordo tra il Partito Democratico, la Lega Nord e Forza Italia per tagliare gli emendamenti, che era stato annunciato dal Carroccio, non è andato a buon fine e, allo stato attuale, ci sarà l’emendamento canguro firmato da Marcucci.
Dopo l’incontro con i due partiti di opposizione, a ora di pranzo, si è svolta la riunione tra i parlamentari democratici per decidere su quali emendamenti lasciare libertà di coscienza. Come riferito dall’Ansa, saranno tre i provvedimenti sul quale il Pd non darà indicazioni: due riguardano l’articolo 5 (la tanto contestata stepchild adoption) – uno di questi è l’affido rafforzato proposto da Stefano Lepri – e uno sull’articolo 22.
I numeri pro Ddl Cirinnà
A destare maggiore preoccupazione per i favorevoli alla legge, però, sono i numeri, in bilico. Come è noto, perché il provvedimento passi sono necessari 161 sì da parte dell’aula di Palazzo Madama e la scelta di Beppe Grillo di consigliare ai suoi, tramite blog, il voto secondo coscienza rende lo scrutinio ancora più incerto.
Ferme restando possibili sorprese del voto segreto, secondo i calcoli dell’Ansa, favorevoli e contrari si equivalgono: tra i primi, infatti, vi sono circa 81 parlamentari del Partito Democratico, a cui si aggiungono i 14 del gruppo misto tra cui esponenti di Sel, ex Pd ed ex Movimento Cinque Stelle. Tra i grillini, in 29/30 dovrebbero votare sì, così come gli esponenti “laici” del gruppo Psi-Maie-Per l’Autonomia: in particolare, si contano due socialisti, i due senatori eletti all’estero e altri due senatori ex M5S. A questi si aggiungerebbero circa 6 senatori di Forza Italia. Contrari, invece, sono, 30 parlamentari dem, i 32 di Area Popolare, 35 forzisti, i 12 leghisti, i 15 di Gal e i 9 Conservatori e Riformisti di Raffaele Fitto, la senatrice di Fare! Munerato e 5/6 pentastellati. A fare da ago della bilancia, le minoranze linguistiche di matrice cattolica – i 6 dell’altoatesina Svp, i parlamentari trentino (Patt) e valdostano (Uv) -, due ex di Scelta Civica, i senatori a vita e il gruppo di Denis Verdini, che conta 19 senatori.
Secondo Today, invece, sono circa 169 i parlamentari favorevoli, contando circa una novantina di sì provenienti dal Pd, una decina dal gruppo Maie-Psi-Per l’Autonomia, una ventina dal gruppo misto (soprattutto area Sel ed ex M5S), tra i 28 e i 30 grillini, alcuni esponenti di Forza Italia e i 19 rappresentanti di Ala. Gruppo parlamentare, quello di Verdini, dato per il voto favorevole anche dal Secolo d’Italia, che parla, invece, di una maggioranza ancor più ampia: dai 170 ai 175 sì. Secondo il quotidiano, infatti, oltre ai verdiniani e i senatori liberali di Forza Italia, Area popolare potrebbe votare non compatta, con quattro o cinque alfaniani pronti a votare il provvedimento.
Stime ancora più rialzate, invece, erano quelle di domenica del Post, che parlava di una maggioranza di circa 180 voti: quasi tutto il Pd (che conta 112 senatori), i 15 del gruppo misto, i 19 di Verdini, a cui si aggiungono circa 30 pentastellati. Secondo il sito, poi, potrebbero essere 180 i senatori favorevoli anche se i cattolici del PD votassero “no”, sfruttando il voto segreto: proprio questa modalità, infatti, potrebbe consentire ad alcuni franchi tiratori in Area Popolare di optare per il “sì”, appoggiando il governo.