Guerra in Siria ed emergenza profughi: Putin contro Merkel?
Alla fine del 2015 la cancelliera tedesca Angela Merkel aveva due speranze: la fine della guerra siriana e la cooperazione con la Turchia per fermare l’afflusso di rifugiati e rafforzare le frontiere europee. Purtroppo, non se ne è materializzata nemmeno una.
I colloqui di pace di Ginevra – volti a porre fine alla guerra siriana – sono crollati il 5 febbraio, con il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, che ha accusato la Russia di vendetta, per aver bombardato il giorno prima Aleppo, una città in mano ai ribelli. Ciò, tanto per chiarire ai leader occidentali quanto Vladimir Putin sia essenziale nel porre fine alla guerra in Siria.
Le politiche del Cremlino in Siria hanno provocato ulteriore caos. E ora la Merkel – con una guerra in Siria senza soste e con molti rifugiati intenti ad arrivare in Europa, piuttosto che rimanere in Turchia – si trova in mezzo a due fuochi: Putin e i suoi omologhi europei.
Il costante sostegno di Mosca al regime di Bashar al Assad ha una diretta correlazione con l’indebolimento della Merkel in casa: più a lungo dura la guerra in Siria, più debole diventa la Merkel. Questo ha conseguenze enormi per il resto dell’UE. Una Merkel indebolita significa un indebolimento e più divisioni in Europa. Con grosse difficoltà per l’UNE nell’affrontare le sfide alla sicurezza, non ultima la crisi politica in corso in Ucraina, dove il 3 febbraio il ministro dell’Economia – disgustato e frustrato per l’alto livello di corruzione – si è dimesso.
In un tale contesto, sarà molto difficile per Merkel cercare di modellare lo stato d’animo del suo paese. I tedeschi sono sempre più scettici e sempre più critici nei confronti dell’atteggiamento degli altri paesi che non vogliono accettare il principio morale, politico e umanitario di prendere le persone in fuga dalla guerra.
Emergenza profughi: i tedeschi iniziano ad averne abbastanza
Ma questo è ciò che l’Unione Europea dovrà fare se vuole che la Turchia l’aiuti a proteggere le frontiere esterne dell’UE. Il piano della Merkel di utilizzare la NATO per controllare il flusso di profughi verso la Grecia sembra un’opzione non sostenibile, in quanto molti paesi europei hanno già rifiutato l’ipotesi di accogliere rifugiati, stanno chiudendo i confini e non vogliono accettare le quote dei migranti. “Dobbiamo proteggere le nostre frontiere esterne se vogliamo continuare con Schengen”, ha sostenuto la Merkel, “se non siamo in grado di proteggerlo, allora questa enorme regione di libera circolazione, il nostro mercato interno, che è il fondamento della nostra prosperità, sarà in pericolo e abbiamo bisogno di evitare ciò”.
Tuttavia, il quesito da porsi è forse cercare di capire se i partiti e i movimenti politici che s’oppongono ai rifugiati in realtà si preoccupino di Schengen e, come corollario, dell’UE. Questo è un altro problema serio per Angela Merkel. Un sondaggio pubblicato il 3 febbraio dall’emittente pubblica tedesca ARD, ha mostrato che la popolarità del governo è scesa dal 54% dell’agosto 2015 al 38% attuale. L’81% degli intervistati crede che il governo non abbia una presa sulla situazione dei rifugiati, mentre il 63% vuole un limite di rifugiati che entrano in Germania. Di rilievo per la Merkel è che il 94% percepisce d’essere in guerra. E con Putin che continua la guerra in Siria, le speranze di dicembre della Merkel s’allontanano sempre di più. Lei ora più che mai avrebbe bisogno d’una tregua, proprio anche in vista delle elezioni regionali di marzo. Ma, su questo versante, non potrà certo aspettarsi un aiuto da Putin.
Gabrielis Bedris