Gli errori nella lettera di Matteo Renzi a Repubblica sull’Europa, un’analisi economica
Gli errori nella lettera di Matteo Renzi a Repubblica sull’Europa, un’analisi economica
Matteo Renzi ha inviato una lettera a Repubblica, e in particolare a Eugenio Scalfari, in risposta all’idea dei governatori delle banche centrali tedesca e francese, appoggiata dal fondatore del giornale, sulla creazione di un unico ministero del Tesoro europeo. Questa proposta già nei giorni scorsi aveva scatenato le reazioni stizzite del governo italiano impaurito che fosse un tentativo di Francia e Germania di mettere la museruola all’Italia, e oggi arriva la risposa ufficiale del premier, in pieno stile renziano.
Matteo Renzi: meglio gli USA di Obama che l’Europa di Barroso
Scrive il premier: “ la questione del superministro europeo del Tesoro non è il punto centrale. Oggi il problema dell’economia dell’Unione non è il superministro, ma la direzione. Perché – questa è la tesi del nostro Governo – negli ultimi anni l’Europa ha sbagliato strada. E se vogliamo bene alle istituzioni europee, dobbiamo far sentire la nostra voce: lo facciamo per l’Europa, non per l’Italia.
Molto sinteticamente: negli otto anni di presidenza democratica, gli Stati Uniti hanno puntato su crescita, investimenti e innovazione. L’Europa su austerity, moneta, rigore. A livello economico gli Stati Uniti stanno meglio di otto anni fa, l’Europa sta peggio di otto anni fa. Sintesi da titolo di giornale o se preferisce da tweet: Obama ha fatto bene, Barroso no”
Qui Matteo Renzi descrive in modo iper-sintetico quelle che a suo dire sono le direzioni prese da UE e USA sottolineando la politica espansiva di Obama all’attenzione al debito al deficit dell’Unione Europea.
Ma sono realtà che possono essere paragonate? l’Unione Europea non dispone di un ministero dell’economia, non ha se non un simulacro di bilancio proprio, esistono solo le politiche dei singoli Paesi, la politica economica è totalmente intergovernamentale, l’unico mandato di cui disponeva Barroso allora e Juncker oggi è il controllo del rispetto dei parametri che i governi concordano con la Commissione, come un dato calo del deficit per esempio.
La differenza principale tra un approccio centralizzato e uno decentralizzato in 28 Paesi, o 19 se vogliamo riferirci solo alla zona euro, è la mancanza di fiducia nel secondo caso.
La permanenza della piena sovranità di ognuno dei 19 governi, che possono decidere come spendere il proprio budget, e allo stesso tempo con le proprie decisioni hanno un impatto sui Paesi vicini, rende indispensabile un controllo sovranazionale e il mantenimento di vincoli che evitino i fenomeni tipici di questo tipo di situazioni: il free riding e il moral hazard, ovvero la possibilità che un Paese, magari piccolo, magari approfittando della congiuntura favorevole a livello europeo che per esempio permette tassi bassi e credito facile, si lanci in spese dissennate e assistenziali di cui tutto il continente pagherà le conseguenze solo alcuni anni dopo. Sappiamo bene che è il caso della Grecia, ma non solo.
In un sistema europeo senza vincoli e parametri nessuno potrebbe impedire questo, c’è piena sovranità dei governi. Negli USA solo un governo centrale può decidere.
Per questo la strutturazione dei centri decisioniali, la presenza o meno di un unico ministero del Tesoro non è scindibile dal problema dei contenuti di tali decisioni. Alcuni provvedimenti, una spesa espansiva per esempio, potrà essere decisa solo centralmente. Nessuno mai si fiderà della bontà delle decisioni autonome di spesa di un governo (magari greco o italiano) che non abbia limiti e non debba condividere con i vicini le proprie decisioni, vicini che tuttavia subirebbero l’impatto di tali provvedimenti.
A latere vi sarebbe da chiedersi se un premier che si propone come statista può limitarsi ad affermazioni come “puntare su crescita o su moneta”. Cosa vuol dire avere puntato sulla moneta? E la crescita è un bene che può essere acquistato o finanziato come un’autostrada, con un decreto?
Matteo Renzi e il deficit di Spagna e Regno Unito
Renzi poi continua:
“L’austerity non basta. E del resto i Paesi che sono cresciuti in Europa lo hanno fatto soltanto perché hanno violato in modo macroscopico le regole del deficit: penso al Regno Unito di Cameron che ha finanziato il taglio delle tasse portando il deficit al 5% o alla Spagna di Rajoy che ha accompagnato la crescita con un deficit medio di quasi il 6%.
Se una cura non funziona, dopo otto anni si può parlare di accanimento terapeutico.
Non pongo un problema di regole, sia chiaro. L’Italia rispetta le regole, con un deficit che quest’anno sarà il più basso degli ultimi dieci anni (2,5%). La Germania invece non rispetta le regole con un surplus commerciale che continua a essere sopra le richieste della Commissione ”
Qui Renzi cita, come altri hanno fatto nel tempo, Inghilterra e Spagna, che a suo dire avrebbero goduto di un trattamento privilegiato, soprattutto la Spagna che fa parte dell’area euro, avendo potuto lasciare salire il deficit, e, fa capire, avendo potuto o spendere o diminuire le tasse a discapito del bilancio ma a favore della crescita.
Peccato che non sia affatto così.
Spagna e Regno Unito crescono molto più dell’Italia, è vero, ma non crescono grazie al deficit, ma nonostante l’austerità, che è stata decisamente superiore alla nostra. Come si vede di seguito l’aggiustamento del bilancio primario, senza i tassi di interessi, tra il 2009 e il 2014, è stata molto superiore in Spagna, del 8,2%, e in Inghilterra, del 6,1%, che in Italia, dove è stato del 3,3%, minore della media europea
Questo perchè sia in Spagna che nel Regno Unito ci si era trovati con la crisi del 2008-2009 con un deficit decollato non per maggiori spese, ma per il crollo delle entrate in seguito allo scoppio della bolla immobiliare, all’aumento della disoccupazione, alla crisi generale dell’economia che al massimo aveva generato un aumento delle spese automatiche di sussidio di disoccupazione, e da quel momento vi è stato un quasi ininterrotto periodo di austerità con taglio delle spese e conseguente taglio del deficit.
Di seguito il calo della spesa primaria in Spagna dal 2009, di più del 10%.
E il conseguente calo del deficit su PIL, che provocherà anche l’inizio del calo del debito, che ha raggiunto il 100% sul PIL stesso.
Un andamento simile si può scorgere nel Regno Unito dove anzi la spesa, rispetto al PIL, è calata anche più che in Spagna, e del resto molte sono state le proteste contro i tagli di Cameron negli anni scorsi:
Un calo che già negli anni scorsi è stato superiore a quello tedesco, una spesa inferiore a quella italiana e francese. E forse anche questo è il segreto di performances migliori della crescita.
Come conseguenza il deficit è calato sensibilmente, dal 10% al 4,9%
Certamente è l’aumento del PIL stesso che favorisce il calo del rapporto deficit/PIL ma senza addentrarci nella disputa se sia nato prima l’uovo o la gallina, sappiamo che il governo inglese non ha certo aumentato le spese, ma rispettato il processo di calo del deficit che aveva annunciato, e anzi, cosa forse sottovalutata, le cose sono andate anche meglio del previsto, visto che alcuni anni fa il FMI prevedeva anche deficit più alti
Qui sta l’errore nella posizione di Matteo Renzi, oltre all‘errata analisi della politica economica dei due Paesi negli ultimi anni, vi è questo atteggiamento profondamente italico, del vivere in un eterno presente senza passato nè futuro, nel considerare il dato in sè senza giudicarlo in relazione alla provenienza.
Quello che ogni operatore in Europa sa è che è molto diverso se un deficit del 4%, quindi superiore a quanto previsto dai trattati di Maastricht, è il risultato di un’opera di risanamento che l’ha portato a quel valore da un 10% di pochi anni prima, o se è invece l’esito di spesa facile e un aumento rispetto a prima.
In sostanza per un investitore è più meritevole un Paese che fa calare il deficit dal 10% al 4,5% come la Spagna, di uno che nello stesso periodo è riuscito solo ad andare dal 3% al 2,6%, e anzi che aveva promesso di portarlo al 1,8%, salvo rimangiarsi le parole chiedendo deroghe e annunciando operazioni non previste come il taglio della TASI
Matteo Renzi afferma di volere che l’Europa cambi politiche, in senso espansivo, ma non vuole un ministero unico del Tesoro, e allo stesso tempo dice di voler rispettare le regole europee.
Sono condizioni che insieme difficilmente possono stare. Senza un governo europeo saranno ancora i singoli stati a dover prendere decisioni, e come abbiamo detto dovranno allora rimanere dei vincoli, e però se le politiche si vogliono espansive questi vincoli dovranno essere rotti con tutte le conseguenze di andare in terra incognita.
E’ invece nello stesso interesse dell’Italia che ci siano le condizioni per politiche più orientate alla crescita, come per esempio massicci investimenti, ma questi saranno possibili solo con un governo unitario dell’Europa in cui nessuno abbia paura e sfiducia del proprio vicino.