Dopo l’esito della votazione che ha scelto Giuseppe Sala candidato alle prossime amministrative, non è esclusa la presentazione di una candidatura alternativa della sinistra. Dopo essere tramontata l’ipotesi di Pippo Civati, è Alfredo D’Attorre a ipotizzare un candidato da contrapporre all’ex ad di Expò. D’Attorre, ex deputato pd, in un’intervista al Manifesto, parla della nuova fase costituente di Sinistra Italiana e apre ad un possibile scenario alternativo.
D’Attorre, nell’intervista a Daniela Preziosi, ammette che le divisioni all’interno della sinistra milanese, sono la conseguenza di un nuovo partito che “affronta le amministrative in una fase in cui non è ancora costruito. Quindi può succedere che lì non ci sarà una posizione univoca”.
Un partito però ancora è indietro: “la tre giorni dal 19 al 21 febbraio sarà l’avvio della fase costituente. Costruiremo un partito, anche se in forma moderna e aperta. Tutti quelli che aderiranno potranno concorrere a pari titolo. Il congresso fondativo sarà a dicembre, perché il referendum costituzionale sarà il momento in cui altre forze potranno decidere di schierarsi con noi in questa battaglia. Nel congresso si deciderà tutto: la linea, il segretario, il nome definitivo. In questi mesi adopereremo ‘Sinistra italiana’, ma sono d’accordo con i compagni di Act che sollecitano la riflessione sul fatto che ’sinistra’ forse non è parola adatta a indicare tutto l’arco di forze a cui ci dobbiamo rivolgere”.
Un partito che affronterà la prossima tornata elettorale senza un leader ma con un comitato promotore che garantirà lo svolgimento delle campagne, fino al congresso, dove si deciderà la linea: “dovremo decidere come collocare il nuovo partito: c’è bisogno una sinistra che recuperi la capacità di parlare al mondo lavoro e ai ceti popolari. Fin qui è stata molto più ceto medio riflessivo, colto e cosmopolita, ma distante dalla parte più debole della società”.
Sinistra italiana, D’Attorre: “dopo il referendum ritorno al Mattarellum”
Non solo SI, nell’intervista si parla anche di Pd, che D’Attorre ha abbandonato lo scorso novembre auspicando la rinascita dell’Ulivo. Una speranza che l’ex deputato democratico non ha ancora abbandonato: “lo snodo decisivo è il referendum, che serve per sconfiggere la pessima riforma renziana e mandare in soffitta l’Italicum. Batteremo il partito della nazione e si riaprirà la prospettiva di un governo progressista. Dico di più: per il dopo referendum dobbiamo proporre la reintroduzione del Mattarellum. E in capo a qualche mese restituire la parola ai cittadini. Il Mattarellum ci può riportare alla collaborazione fra centro e sinistra, ma stavolta con una sinistra forte e autonoma”.
Alla domanda sul voto della minoranza Pd, D’Attorre è convinto: sull’evoluzione del Pd Bersani ha usato di recente parole mai dette prima. L’amara verità è che oggi in questo Pd snaturato fuori posto non sono gli amici di Cuffaro, Verdini o Cosentino, ma chi come Bersani ha speso una vita a costruire una forza di centrosinistra. Prima o poi i compagni della sinistra pd ne dovranno prendere atto. Il referendum sarà dirimente. In questi mesi ho incontrato tanti compagni del Pd che magari criticano me o Fassina perché siamo usciti dal Pd troppo presto, ma poi dicono che al referendum voteranno no”.
Non solo referendum, manche politica europea. Per D’Attorre ciò che deve fare la nuova sinistra è: “riprende in mano il tema della sovranità democratica e di un sano patriottismo costituzionale” – e aggiunge: “per me la Costituzione è sovraordinata a trattati europei imbevuti del modello mercatista. Ci sono proposte di ulteriore integrazione, come l’ipotesi di un commissario per le finanze dell’eurozona, che rischiano di smantellare altri pezzi di sovranità democratica”.
Non manca la stoccata a Renzi, in questo caso sulla condotta tenuta in Europa: “Renzi nei fatti prende atto del fallimento della sua politica europea. Ha rinunciato a porre il tema dell’insostenibilità dell’attuale assetto dell’euro quando aveva la forza di farlo, e ora affronta il negoziato su questioni decisive per l’interesse nazionale, dalle banche all’immigrazione, in condizioni di debolezza. È irresponsabile non aprire un tavolo per sospendere il bail in e invece puntare allo zero virgola di flessibilità per coprire misure elettoralistiche, come l’abolizione dell’Imu per i ricchi o il bonus per i diciottenni”.