In Siria più del 10 per cento della popolazione è rimasto ucciso o ferito nel corso della guerra scoppiata nel 2011. Sono i numeri a cui è arrivato il Syrian Center for Policy Research.
Secondo il rapporto, circa 470.000 persone hanno perso la vita (70.000 delle quali per la mancanza di cibo, acqua, riparo e per le condizioni igienico-sanitarie) e 1,9 milioni sono state ferite: si tratta dell’11,5 per cento della popolazione complessiva. L’aspettativa di vita è crollata a 55 anni contro i 70 del 2010. Il 45 per cento dei siriani hanno lasciato le loro case e sono in fuga: 4 milioni all’estero, mentre 6,3 milioni sono ancora dentro i confini del paese. Economicamente, la nazione mediorientale ha bruciato a causa del conflitto una ricchezza pari a circa 255 miliardi di dollari.
“Siamo sicuri dei nostri numeri” ha detto al quotidiano The Guardian l’autore del rapporto, Rabie Nasser: “Siamo del parere che le Nazioni Unite abbiano sottostimato il numero delle vittime a causa della difficoltà di reperire informazioni”.
Nel gennaio 2014 l’Onu ha annunciato l’intenzione di interrompere la conta dei morti provocati dalla guerra in Siria. Rupert Colville, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, aveva motivato la decisione proprio con la difficoltà di muoversi all’interno del territorio della Siria e all’impossibilità di verificare le informazioni.
Siria, la situazione ad oggi
La situazione pare destinata ad aggravarsi. Da Aleppo, dove da giorni infuria la battaglia, sono in fuga 50.000 persone. Il centro abitato è cinto d’assedio dalle truppe fedeli al presidente Assad. Grazie al supporto dell’aviazione russa, i governativi sono vicini a riconquistare la città dove si stima che vivano ancora 320.000 persone.
La riconquista di Aleppo città segnerebbe un punto decisivo per il presidente Assad, e i cambiamenti sul terreno di battaglia si rifletteranno anche sulle difficili trattative diplomatiche. Fino a oggi la Russia ha respinto ogni richiesta di cessate il fuoco e ha annunciato che le operazioni militari andranno avanti ancora fino al 1 marzo. Altri venti giorni, quindi, forse decisivi per le sorti di Aleppo.