La storia di Rischiatutto, aspettando il ritorno
Archiviato Sanremo, quale sarà il nuovo evento televisivo dell’anno? Per gli sportivi forse gli Europei di calcio e le Olimpiadi, ma per gli amanti della storia della tv sarà il ritorno di Rischiatutto: Fabio Fazio dovrebbe riportarlo su Rai3 in autunno, dopo una striscia quotidiana in partenza domani (con una selezione dei provini) e due serate speciali in aprile. Per entrare nel clima di domande, cabine e raddoppi inventato da Mike Bongiorno, ci si può affidare al bel libro Rischiatutto. Storia, leggende e protagonisti del programma che ha cambiato la televisione, scritto con passione e competenza da Eddy Anselmi e Pino Frisoli per Rai Eri.
Il volume – con introduzione di Daniela Bongiorno – è frutto di una cura certosina, che ha portato gli autori a visionare tutte le puntate: ognuna è schedata, con l’indicazione di data, luogo di registrazione, concorrenti, le materie scelte per le domande del “tabellone”, le vicende e le curiosità del gioco.
L’Italia che cambia e si mette in gioco
Il telequiz in Italia esiste prima di Mike Bongiorno (e il libro ha il merito di indagare le origini italiane dei giochi precedenti al 3 gennaio 1954, inizio convenzionale delle trasmissioni tv Rai; Pino Frisoli lo aveva già fatto nel suo libro Sport in tv, scritto con Massimo De Luca), ma Lascia… o raddoppia?, primo successo di Mike, ha reso il televisore un oggetto familiare per gli italiani riuniti nei bar o nelle case “teledotate” ogni giovedì sera. Rischiatutto non solo ha completato l’opera, spingendo molte persone ancora sprovviste di apparecchio a comprarlo, ma ha fatto scoprire al Belpaese quanto fosse diffusa tra la gente comune la voglia di mettersi alla prova, divertirsi e condividere i propri interessi con chi stava davanti allo schermo.
La nascita del quiz non fu facile (lo stesso Bongiorno, nella sua Versione di Mike, raccontò dell’anticamera infinita nell’attesa che la dirigenza Rai considerasse la sua proposta), ma una volta in onda si dimostrò un successo colossale, con indici di gradimento e di ascolto ottimi: alle finalissime del 1972 si stimò una platea di trenta milioni di spettatori, tantissimi anche per una Rai all’epoca senza concorrenti privati. Alla fine si contarono centocinquantasei puntate spalmate su cinque stagioni televisive, dal 1970 al 1974: un’Italia ancora in bianco e nero (la Rai aveva mezzi e competenze per trasmettere a colori, ma non poté farlo per i veti del governo sulla nuova tecnologia) e che in quegli anni, fuori dagli studi tv, mutava profondamente.
«Immediatamente prima dell’inizio del Rischiatutto – si legge nel libro – ci sono l’autunno caldo e la strage di Piazza Fontana; coincidono con la chiusura della trasmissione il referendum sul divorzio e la recrudescenza dei terrorismi di segno opposto, con il sequestro Sossi e la bomba di Piazza della Loggia». Quella stagione pare segnata soprattutto dalla cronaca politica e italiana, nonché degli echi delle vicende internazionali: il libro ne dà conto introducendo ogni stagione del programma, assieme alla hit parade musicale e ai successi sportivi del periodo. Nessun accenno di politica (anche quando è parte della vita dei concorrenti) arriva davanti alle telecamere; sfila però un campione dell’Italia vera, geograficamente e socialmente assortita (in effetti più maschile che femminile), variata per età, formazione e professione.
Gli ingredienti del gioco
Pagina dopo pagina, si traccia il profilo di coloro che, accanto a Bongiorno, hanno reso la trasmissione unica, davanti alle telecamere o “dietro le quinte”: sono noti il regista Piero Turchetti e la valletta Sabina Ciuffini, ma hanno avuto un ruolo chiave anche l’autore della sigla grafica Sandro Lodolo, il creatore del tabellone elettronico Giorgio Schinigoi e gli esperti delle varie materie. Né potevano mancare le testimonianze in prima persona di due figure fondamentali per Rischiatutto e per la storia della tv: Paolo Limiti, autore delle domande con Mike, e Ludovico Peregrini, il “signor No” nato come funzionario Rai e diventato autore e giudice inflessibile quando il programma si è spostato da Roma a Milano.
Eppure, forse più ancora di tutti loro, al fianco di Mike risultano protagonisti i concorrenti. Il successo vero arriva con Giuliana Longari e prosegue soprattutto grazie a chi ha conquistato più volte il titolo di campione (ai profili dei “Supercampioni” è dedicato un capitolo apposito): nomi come Andrea Fabbricatore, Massimo Inardi, Marilena Buttafarro, Enzo Bottesini e Maria Luisa Migliari hanno lasciato il segno col loro stile, assolutamente personale e mai imposto per esigenze di spettacolo. Al pari degli altri concorrenti – che al conduttore, al contrario di oggi, danno rigorosamente del “lei” – hanno una buona cultura generale, essenziale per essere scelti, e il desiderio di mettere in comune passioni e aspirazioni. È soprattutto merito loro se Rischiatutto è diventato una pietra miliare della storia televisiva e si prepara a tornare in tv, sia pure affidato ad altre mani.
Un mito da sfatare
Si potrebbe finire qui, ma è difficile sorvolare su un passaggio del libro che demolisce, una volta per tutte, la leggenda televisiva per eccellenza. Perchè Pino Frisoli assieme a Eddy Anselmi, visionando tutte le puntate, ha accertato che Mike Bongiorno non ha mai detto «Ahiahiahiahi signora Longari, lei mi è caduta sull’uccello» ad alcun concorrente di Rischiatutto, men che meno a Maria Giuliana Toro, allora coniugata Longari (che, ironia della sorte, vinse la sua sesta puntata l’11 giugno 1970, stesso giorno di Italia-Israele dei Mondiali in Messico: sempre Frisoli aveva già provato che il telecronista Nicolò Carosio non diede del «negraccio» al guardalinee etiope di quell’incontro che aveva fatto annullare un gol agli azzurri, mentre fu Antonio Ghirelli a parlare in radio di «vendetta del Negus», frase che non piacque a un ingegnere etiope che scrisse una lettera di protesta al Messaggero).
Mike era una fonte inesauribile di gaffe naturali e su YouTube si trovano frasi simili a quella tramandata, ma non ce n’è traccia in nessuna puntata del programma. Niente errori su domande sull’Uccello di fuoco di Stravinsky, come si lesse in passato: solo un vigoroso «Ahiahiahiahiahiahi, mi scusi se lo dico», dopo uno scivolone della Longari su una domanda da “Rischio”. Per Limiti la malcapitata era invece Maria Luisa Migliari, che il 17 maggio 1973 affrontò con gli altri concorrenti domande di ornitologia: nella registrazione però la frase incriminata non c’è. Si mettano il cuore in pace, i professionisti dello scandalo: il mito di Rischiatutto – il libro lo prova – esiste e resiste anche a prescindere da quell’episodio.