Pensioni di reversibilità, 43 miliardi annui, il 2,7% del PIL, record in Europa
Pensioni di reversibilità, 43 miliardi annui, il 2,7% del PIL, record in Europa
Abbiamo visto in un articolo precedente come viene trattata dallo stato una vedova che abbia diversi profili di reddito e un marito deceduto con diverse tipologie di pensione, per osservare coeteris paribus chi prendesse di più.
Va bene, ma in realtà nei diversi Paesi le realtà sono differenti. E’ più probabile che in un Paese vi siano vedove con un reddito di 1000€ o 2000€ al mese.
E’ utile allora guardare alla spesa totale di un Paese, come è cambiata nel tempo, all’impatto sui conti pubblici, all’esborso medio per persona in termini di parità di poteri d’acquisto.
Questo per capire perchè si ipotizzano riforme e cambiamenti, tra smentite e minimizzazioni
Pensioni di reversibilità, la spesa aumentata del 23% dal 2004
Dal 2004 ad oggi la spesa dello Stato italiano per le pensioni di reversibilità è aumentata del 23%, più che in Francia, Germania, Paesi Bassi, meno che in Spagna dove il progresso è stato del 48%. Abbiamo già visto come in Spagna il trattamento in effetti sia simile a quello italiano con coefficienti in condizioni particolari, come reddito basso e figli a carico, anche del 70%, e con la crisi economiche queste condizioni sono certamente divenute più frequenti.
Si noti il tracollo della spesa inglese dove tranne eccezioni la pensione di reversibilità non esiste
Un +23% comunque non è molto considerando l’inflazione e l’invecchiamento della popolazione.
Anche se d’altro lato le riforme delle pensioni, lo stesso aumento della sopravvivenza media, soprattutto maschile, e la minore differenza di età tra uomini e donne hanno probabilmente pesato verso il basso.
In ogni caso è ancora più utile osservare la spesa totale nell’ultimo anno a disposizione per Eurostat, il 2013.
L’Italia è seconda solo alla Germania, con 45 miliardi di spesa, nonostante sia il quarto Paese UE per PIL, qui invece Francia e Germania sono superate.
Va detto che in Germania e Francia sono presenti benefit una tantum spesso anche generosi, per esempio di 3 mila euro e aiuti per il funerale. In ogni caso anche calcolando questi non si va al massimo oltre il miliardo di euro e lo 0,1% del PIL.
E’ interessante vedere il confronto con la situazione negli anni scorsi. La spesa è aumentata di 8 miliardi in 9 anni.
Quello che più importa è però quanto spende l’Italia in termini percentuali. Ebbene in linea con il record di spesa pensionistica generale, anche nelle pensioni di reversibilità siamo al primo posto.
Se esploriamo gli anni passati vediamo che la quota sul PIL è aumentata dal 2,4% al 2,7%, e al secondo posto la Germania ha lasciato il posto alla Spagna, in cui si è passati dal 1,9% al 2,4%.
In Germania si è scesi invece dal 2,3% al 1,9%.
In pensioni di reversibilità dal 2007 l’Italia spende più di tutti pro capite (tranne il Lussemburgo)
E così anche la spesa pro capite risulta la più alta d’Europa, se escludiamo il piccolo Lussemburgo che ha un reddito procapite quasi doppio.
Di fatto in Italia viene speso 688€ procapite in reversibilità, più dei 674€ della Danimarca, dei 641€ della Germania, dei 613€ dell’Austria, Paesi in cui gli stipendi e i redditi sono notevolmente superiori ai nostri.
Nel 2004 l’Italia veniva al quarto posto, dopo Germania e Austria, con 562€ a testa e ha conquistato la prima posizione, senza lasciarla, nel 2007.
I Paesi anglosassoni dell’Est e scandinavi hanno valori particolarmente bassi, anche inferiori ai 100€, anche se per motivazioni differenti. Se in alcuni Paesi come Svezia e Norvegia ci sono sussidi per pensionati con redditi bassi che prescindono dalla reversibilità, altrove, all’Est, il sistema previdenziale è embrionale e in effetti ci sono situazioni si povertà e disagio.
Viceversa in altri Paesi come Irlanda, Regno Unito, ecc, è più ampio il ricorso alla previdenza complementare.
In ogni caso permane un problema, legato a quello più ampio delle pensioni, che in parte è anche di equità.
Come abbiamo visto non c’è un limite superiore per la reversibilità, nel nostro Paese spetta a chiunque, per quanto decurtata, anche ai redditi altissimi.
Come sempre il confronto con l’Europa rende questa anomalia ancora più evidente.