I dittatori più sanguinari e meno conosciuti nella storia: non solo Hitler e Stalin, Hoxha e Videla, nel corso della storia e a tutte le latitudini si sono avvicendati dittatori dall’inumana crudeltà. Ad alcuni, il tempo ha garantito persino la “riabilitazione”, ad altri, la maggior parte, è stato assicurato solo l’oblio. Si pensi al caso di Francisco Solano Lopez, militare e politico paraguaiano, ad oggi ritenuto una figura importantissima per la storia del paese sudamericano ma che, nel primo decennio della seconda metà dell’Ottocento, non solo trascinò il Paraguay in una sanguinosa guerra con i paesi confinanti (arruolando persino i bambini), ma condusse anche una cruenta campagna di repressione del dissenso interno, di cui pagarono le spese anche alcuni dei suoi parenti più stretti.
I dittatori più sanguinari e meno conosciuti della storia
D’altra parte, sembra essere stato il Novecento il vero e proprio «habitat» di questa «creatura» storica. A parte i succitati Hitler e Stalin, sono molti i “dittatori” di cui non si parla molto ma che hanno avuto il tempo di lasciare la propria impronta sul secolo “breve”. Per esempio, pochi conoscono Josef Tiso il prete cattolico che durante il secondo conflitto mondiale guidò il movimento fascista slovacco, fino a quando venne posto a capo del paese, divenuto ormai un satellite della Germania Nazista. Nonostante venga considerato un leader meno “energico” di altri a lui coevi, Tiso non mancò di reprimere nel sangue una ribellione anti-fascista nel 1944 e di collaborare con il regime di Hitler alla deportazione degli ebrei slovacchi.
Una vicenda simile è quella del primo ministro ungherese Dome Sztojay, chiamato a sostituire Miklos Horthy che, pur alleato di Hitler, si rifiutò di collaborare alla deportazione degli ebrei. Sztojay, da parte sua, si adoperò attivamente per lo sterminio degli ebrei ungheresi: in 440mila vennero deportati nei campi di concentramento nazisti nei 6 mesi del suo governo. Dopo di lui, l’Ungheria conobbe un uomo conosciuto con l’appellativo di “miglior discepolo di Stalin” ossia Matyas Rakosi: alla morte del georgiano, venne ritenuto “troppo brutale” dai sovietici che lo invitarono a rimanere segretario dei comunisti ungheresi ma a condizione di lasciare il governo a Imre Nagy. Poco noto anche il nome del “fantoccio” di Hitler e Mussolini in Croazia: si chiamava Ante Pavelic, fondatore del Movimento degli Ustascia. Il suo regime nazionalista e cattolico fondamentalista si basò sulla violenta repressione di qualsiasi altra etnia e identità religiosa.
Lasciando l’Europa, anche l’Asia centro-orientale ha conosciuto dei “piccoli” Stalin: ci si riferisce a Horloogijn Cojbalsan, al vertice della Mongolia per circa vent’anni, e Lu Duan che, nonostante non sia mai stato propriamente il capo di stato del Vietnam, da segretario del partito comunista del Vietnam del Nord, dopo la fine della guerra, ha supervisionato le purghe degli anti-comunisti del Sud. Spostandosi verso Occidente non si può non ricordare il caso del generale pakistano Yahya Khan che sciolse il governo e impose la legge marziale nel 1969; è noto soprattutto per aver represso nel sangue il movimento separatista bengalese.
Particolare il caso di Ramfis Trujillo, dittatore della Repubblica Dominicana per appena 6 mesi nei primi anni 60: prima di lasciare il paese alla volta della Spagna, ebbe il tempo di condurre una violenta repressione contro coloro che riteneva colpevoli dell’omicidio di suo padre Rafael, dittatore del paese caraibico per i 30 anni precedenti. Restando in zona, si ricordi Carlos Manuel Arana Osorio, dittatore del Guatemala dal 1970 al 1974: durante il suo regime furono oltre 20mila i lavoratori, gli studenti, in generale, gli oppositori politici, a scomparire nel nulla.
Per quanto riguarda l’Africa tra i più sanguinari, e meno conosciuti, sicuramente si può annoverare Micheal Micumbero, che guadagnò la guida del Burundi negli anni 70 grazie a un colpo di stato militare: ordinò l’uccisione di 150-300mila Hutu durante la repressione di una rivolta. D’altra parte, ormai sono chiare le responsabilità del Presidente Theodore Sindikubwabo nel genocidio, risalente al 1994, degli abitanti rwandesi di etnia Tutsi. Emblematico il caso della Guinea Equatoriale in cui, sin dal 1968, vige un regime oppressivo attualmente controllato da Theodore Obiang che nel 1979 ha destituito lo zio Francisco Macias Nguema.