Monti e De Bortoli bocciano i due anni di governo Renzi
Ieri Matteo Renzi ha festeggiato i due anni di governo presentando un insieme di slide che spiegano punto per punto i risultati raggiunti dal suo esecutivo. Risultati che, però, non hanno ancora convinto appieno alcuni eminenti professori e/o tecnici che il premier etichetta freddamente come appartenenti all’establishment italiano. Tra questi Ferruccio De Bortoli. L’ex direttore del Corriere della Sera, dalle pagine del suo ex giornale, ha criticato aspramente l’operato del capo del governo.
Le ultime previsioni sulla crescita italiana rendono assai improbabile, senza interventi correttivi, la discesa quest’ anno del rapporto fra debito e prodotto interno lordo, oggi al 132,8 per cento. Se l’ obiettivo venisse mancato, l’ intera scommessa del governo Renzi – stimolare lo sviluppo con maggiore disavanzo – sarebbe perduta. I meriti del governo, non pochi sulle riforme, verrebbero oscurati. […] L’ amara realtà, di cui nel conformismo dilagante pochi discutono, è che abbiamo allegramente sottovalutato, in questi due anni, il peso del nostro debito (in aumento nel 2015 di 34 miliardi, a quota 2.169,9), riempiendoci la bocca di false giustificazioni, guardando stupidamente i conti degli altri in più rapido peggioramento ma da livelli inferiori.
Monti contro Renzi
Non solo De Bortoli, anche Mario Monti è tornato ad attaccare Renzi. “I principali responsabili della paralisi della Ue, e forse presto della sua disintegrazione, non sono – pur con tutti i loro limiti – il Parlamento europeo, la Commissione, le regole, le burocrazie, oggetto di strali quotidiani. E non lo è neppure, come si sostiene spesso, l’assenza della politica. I maggiori responsabili sono loro, i governi nazionali e in primo luogo i capi di governo riuniti nel Consiglio europeo, l’ organo che prende, o non prende, le decisioni cruciali” afferma l’ex premier in un’intervista a Libero.
“Renzi ieri all’ assemblea del Pd ha ribadito che “L’ Europa ha bisogno della politica”. Ha ragione. Per fortuna che c’è la politica. Peccato che si tratti di una cacofonia di ventotto politiche nazionali, ciascuna dominata dalla tirannia del breve periodo e gestita da politici che si comportano sempre meno da leader, pronti a sfidare l’impopolarità, e sempre più da followers, da inseguitori del consenso”.