Due anni di governo Renzi: il dossier di Openpolis
Un governo poco “rottamatore” nelle nomine che schiaccia il Parlamento sotto il suo giogo. Questo, in estrema sintesi, il quadro non proprio idilliaco che emerge dall’ultimo dossier di Open Polis che ha analizzato il primo biennio di governo Renzi. Nonostante il video e le slide celebrative presentate in pompa magna dal Presidente del Consiglio, i numeri dello studio dal titolo emblematico “Fidati di me” mostrano una realtà piuttosto diversa dalle magnifiche sorti e progressive narrate da Palazzo Chigi. Il dossier dell’associazione nata nel 2006 che si occupa di monitorare l’attività dei politici italiani mette a confronto il governo Renzi I – il 63° della storia Repubblicana – con gli ultimi 3 governi: Berlusconi IV, Monti e Letta. Lo studio è diviso in tre parti: la maggioranza, l’attività legislativa e il bilancio di Palazzo Chigi.
Il dominio del governo sul Parlamento
“Se il governo costituzionalmente detiene il potere esecutivo – si legge nell’introduzione – il suo strapotere anche nella funzione legislativa è ormai un dato di fatto”. La tesi del dominio incontrastato del governo Renzi nei confronti del Parlamento è ben fotografata dai numeri. I disegni di legge di iniziativa governativa infatti sono circa l’80% delle leggi proposte contro un misero 20% di iniziativa parlamentare. Di queste solo lo 0,88% diventa legge rispetto ad una probabilità di successo molto più alta dei ddl presentati dall’esecutivo (circa il 30%). Per quanto riguarda la durata inoltre, le proposte di legge governative vengono approvate mediamente entro 156 giorni (meno di 6 mesi) contro i 392 giorni medi (più di un anno!) che servono per licenziare i ddl parlamentari. Un iter così rapido per i disegni di legge dell’esecutivo è favorito anche dalle molte fiducie richieste al Parlamento: il 31% delle leggi approvate ha avuto bisogno di un voto di fiducia al governo. Solo il governo Monti aveva fatto peggio con il 41% delle leggi approvate con la fiducia mentre sia il governo Letta (28%) che il governo Berlusconi (16%) avevano ricorso in maniera minore a questo istituto. Se poi andiamo a sviscerare, come ha fatto Open polis, i provvedimenti su cui è stata posta la questione di fiducia, notiamo che essa ha riguardato le leggi più importanti approvate dal governo Renzi. Ovvero: legge di Stabilità 2015 (4 fiducie), dl Competitività (3), jobs act (3), dl Madia (3), Italicum (3).
Governi Renzi, i ministri ignorano le interrogazioni
Sempre sul fronte dell’attività, la distanza tra governo e Parlamento è dimostrata dal numero di risposte dei ministri alle interrogazioni parlamentari: su 21mila totali solo 7.392 (35%) hanno ottenuto risposta. Sul podio dei ministri più ligi alle regole abbiamo Maria Elena Boschi (Riforme e Rapporti col Parlamento) con il 75% delle risposte fornite, la coppia degli Esteri Mogherini/Gentiloni con il 70% e infine Roberta Pinotti (Difesa) con il 66%. Retrocessi, lo stesso Presidente del Consiglio Renzi (25%), il ministro del Lavoro Giuliano Poletti (23%) e il guardasigilli Andrea Orlando che si piazza all’ultimo posto con il 18% delle risposte ai quesiti parlamentari.
I doppi incarichi dei ministri/parlamentari
Poi c’è la produttività parlamentare. Sì, perché ben 9 ministri del governo Renzi sono anche parlamentari della Repubblica. Un doppio incarico che, come si legge nel rapporto, mette in evidenza “l’incompatibilità dei due ruoli” perché “proprio per l’importanza” di essi “è molto difficile pensare che una persona possa svolgerli entrambi allo stesso modo”. La media della partecipazione alle votazioni tra Camera e Senato dei rappresentanti del governo è un misero 9%. La più attiva è la senatrice e ministro dell’Istruzione Stefania Giannini che ha partecipato al 35% delle votazioni in aula mentre la maglia nera tocca al responsabile della Farnesina Paolo Gentiloni presente allo 0,25% delle votazioni a Montecitorio.
Il “manuale Renzelli”: tutti i politici riciclati dai precedenti governi
Nonostante le premesse facessero pensare ad una “rottamazione” del vecchio manuale Cencelli, simbolo eterno della prima Repubblica, nel corso dei primi due anni di governo Renzi ha abbracciato a piene mani le vecchie logiche di spartizione delle poltrone tanto che qualcuno ha già iniziato a parlare di “manuale Renzelli”. Come quelli di Monti e Letta anche il Renzi I è un governo di larghe intese. Esso è formato da 63 persone, di cui il 35 appartenenti al Partito Democratico mentre al secondo posto per incarichi governativi si posiziona il Nuovo Centro Destra con 13 esponenti tra ministri, viceministri e sottosegretari. Se il giorno del giuramento (22 febbraio 2014) inoltre le donne al governo erano esattamente la metà, oggi si sono dimezzate (25%) mentre calano anche gli under 40: dal 18% iniziale oggi solo il 6% dei membri di governo non ha ancora compiuto 40 anni. Si diceva della mancata “rottamazione”. Sì, perché ci sono politici che negli ultimi 4 governi hanno quasi sempre avuto responsabilità ministeriali. Basti pensare al ministro dell’Interno Angelino Alfano, presente in 3 degli ultimi 4 esecutivi o al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, anche lui membro attivo degli ultimi 3 governi. Seguono a ruota Antonio Gentile, Graziano Delrio, Luigi Casero, Mario Giro e Simona Vicari.
Bilancio, le spese di Palazzo Chigi tornano a crescere
Una postilla finale va spesa sul bilancio di Palazzo Chigi che, dopo il picco minimo toccato con il governo Letta (3,5 miliardi di euro spesi nel 2013), è tornato a salire con il nuovo inquilino Renzi (3,6 miliardi nel 2014). La maggiore fonte di spesa di Palazzo Chigi è quella del segretariato generale (750 milioni) guidato da Paolo Aquilanti che si occupa di “progettazione delle politiche generali e delle decisioni di indirizzo politico-amministrativo”. Dal 2011 al 2014 (ultimo dato disponibile) la macchina di Palazzo Chigi è costata ai contribuenti italiani oltre 15 miliardi di euro.
Giacomo Salvini
Twitter @salvini_giacomo