Riforme: perché al Pd conviene approvare l’Italicum
Dopo la vittoria della competizione europea, il Partito Democratico ragiona sulla pesante eredità consegnata dalle urne. Il 40% dei consensi pesa e rappresenta una base di riflessione fondamentale anche per l’agenda del governo. Diversi gli scenari che le elezioni hanno prospettato ai parlamentari dem, con il cantiere delle riforme istituzionali aperto e, su tutte, la riforma della legge elettorale che, dopo l’approvazione alla Camera aspetta di incassare l’ok del Senato. L’ampio consenso conquistato dal Pd alle europee mette in discussione, di fatto, anche il cammino dell’Italicum. A Palazzo Chigi e al Largo del Nazareno si ragiona sul da farsi, nell’eventualità che, a urne anticipate, il peso del Pd potrebbe avere un valore diverso a seconda della legge elettorale con cui gli Italiani sarebbero chiamati a votare. Andare a elezioni con l’Italicum o con il Consultellum (la bozza di legge ipotizzata dalla sentenza della Consulta che ha bocciato il Porcellum, preferendo il proporzionale puro con soglia di sbarramento al 4%) virtualmente cambierebbe molto lo scenario per il partito di Renzi e consentirebbe una governabilità diversa. Ecco perché, da una simulazione fatta dal Corriere della Sera, a conti fatti, il premier nelle prossime settimane deve spingere per l’approvazione dell’Italicum.
Il testo di legge, frutto del patto del Nazareno con Berlusconi, garantirebbe al Pd una sicura governabilità. Se, in un’ipotetica consultazione, il partito del premier dovesse bissare il risultato di domenica scorsa o riportare comunque una percentuale tra il 37% e il 40%, ai democratici spetterebbero 340 seggi su un totale di 630, grazie al premio di maggioranza del 15% fissato per chi supera il 37% delle preferenze. Fuori i piccoli partiti, con la soglia di sbarramento fissata al 4,5% e nessuna necessità di alleanze, né con Sel né con gli eventuali esuli grillini. Un partito con una sicura “vocazione maggioritaria”, rafforzata da un Senato trasformato in Camera delle autonomie, così come prevede la bozza Boschi.
Se, invece, il cammino dell’Italicum dovesse interrompersi, ritornando al voto con la legge ipotizzata dalla Consulta (da rendere comunque attuativa) al Pd non basterebbe l’attuale 40%. Nuove “larghe intese” per i democratici, che non riuscirebbero a racimolare più di 270 deputati. La maggioranza sarebbe garantita solo con un nuovo accordo con Ncd e con Sel che, di fatto, respingono l’idea di una coalizione insieme. Scenari da evitare per il Pd, che si ritroverebbe di nuovo in Parlamento i piccoli partiti. Vita dura comunque per le formazioni che si presentano in coalizione (per loro la soglia è fissata al 2%): a trarre giovamento da questa situazione sarebbero solo i Fratelli d’Italia di Meloni, La Russa e Crosetto.
Una situazione, questa ipotizzata dal Consultellum, verso cui spingono da sempre i deputati pentastellati, unico gruppo ad entrare alla Camera insieme a Pd, Forza Italia e Lega. A destra, ai partiti ma soprattutto a Forza Italia converrebbe presentarsi in coalizione visto che il premio di maggioranza viene assegnato tenendo conto anche dei partiti che non hanno superato la soglia di sbarramento. Scenari apocalittici, che preoccupano non poco in casa dem e che, in queste ultime ore, hanno convinto Renzi a proseguire sulla strada delle riforme.
Carmela Adinolfi