G20 di Shanghai: la dialettica dell’incerto

Pubblicato il 2 Marzo 2016 alle 13:43 Autore: Riccardo Piazza
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G20 di Shanghai: la dialettica dell’incerto

Sarebbe dovuto essere uno degli incontri chiave per il futuro delle politiche economiche internazionali: invece il vertice straordinario delle principali istituzioni monetarie, bancarie e finanziarie del G20 tenutosi a Shanghai, nel cuore di uno dei più importanti motori mondiali per lo sviluppo del commercio, ha detto ben poco. Tanti gli auspici, molte le indecisioni ed i tentennamenti i quali, com’è noto agli analisti del settore, colpiscono per erosione caustica i mercati finanziari.

G20 di Shanghai: la guerra delle valute

Una delle problematiche principali al centro dei lavori del G20 dei ministri delle Finanze e dei Governatori delle Banche Centrali, è stata naturalmente la persistente instabilità valutaria internazionale. Alla luce di un quadro economico d’insieme fortemente frigido, condito dalle percentuali anemiche dei tassi di interesse mondiali e dai continui crolli del prezzo del petrolio, le istituzioni cinesi, per l’occasione facenti gli onori di casa, hanno promesso di non proseguire la politica di svalutazione competitiva dello yuan. Panacea, questa, messa in campo dal rigorista sistema economico statale per lenire, e nei fatti drogare al rialzo senza successo, i principali listini del Celeste Impero. Per accorgersi dell’inefficacia di quella che ormai sembra essere una vera e propria manovra ponderata nel tempo, basta fare riferimento alle ultime capitalizzazioni di Borsa: soltanto lunedì scorso Shanghai ha perso il 4 per cento dell’introito di scambio.

La questione della moneta cinese, che il primo ottobre venturo entrerà a far parte del paniere delle valute di riserva del Fondo monetario internazionale avvicinando sempre più l’economia del Dragone al sistema di mercato liberoscambista dell’Occidente con tutti i rischi che ne conseguono, è centrale per la crescita globale. Eppure, al G20 di Shanghai, le principali istituzioni finanziarie mondiali hanno avuto la netta percezione che le sole politiche monetarie, siano esse espansive o meno, non abbiano, ad oggi, riportato sufficiente stabilità nei cicli macroeconomici continentali: stabilità che, nelle mire dei Governatori delle Banche Centrali, riguarda soprattutto la ripresa del tasso di inflazione e della domanda interna.

A tal proposito il ministro delle Finanze cinese, Lou Jiwei, ha mostrato una sostanziale uniformità di vedute con i suoi omologhi internazionali nonostante qualche precisazione di merito: “Le politiche monetarie continueranno a sostenere l’attività economica e a garantire la stabilità dei prezzi, in linea con i mandati delle Banche Centrali, ma la politica monetaria, da sola, non può portare a una crescita equilibrata”.

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G20 di Shanghai: una lunghissima Ouverture ancora tutta da completare

Volendo riepilogare le sostanziali linee d’azione concrete stipulate presso questo ultimo G20 in Cina si rimane invero un po’ delusi. Certo il ruolo di Pechino quale imponente stabilizzatore valutario e la promessa di un incentivo alle riforme strutturali del sistema di Welfare sono già un primo passo, ma è ovvio che non ci si possa ritenere soddisfatti.

Proprio riguardo le politiche economiche del lavoro, dal forum del G20 di Shanghai, è intervenuta con forza anche l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), caldeggiando una maggiore attenzione, da parte dei principali Paesi economicamente avanzati, ad una agenda di riforme collettiva e non più a corrente alternata.

Tale programmazione unica, stando alla relazione finale del G20, dovrebbe poter incentivare il flusso dell’erogazione del credito dalle banche, costringendo così gli istituti a fornire prestiti, con un margine certo di guadagno, nonostante i tassi di interesse a volte paradossalmente negativi. In questo senso, i maggiori attori economici nazionali per la domanda aggregata, Enti pubblici, imprese, famiglie, potrebbero risentire di un beneficio per la crescita grazie agli investimenti di capitale fresco. D’altro canto, questo costringerebbe le banche ad accusare grosse perdite da coprire con accantonamenti e potenziali crediti, a lungo andare, deteriorabili. In sintesi, siamo ancora ad una Ouverture d’apertura: il lungo percorso per la ripresa economica globale avrà bisogno d’essere certamente definito meglio tramite l’approvazione di metodiche efficaci non più rimandabili.

Riccardo Piazza

L'autore: Riccardo Piazza

Nasce a Palermo nel 1987 e si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione presso l’Università del capoluogo siciliano nel 2010. Prosegue i suoi studi specialistici in Scienze filosofiche all’Università di Milano dove consegue il Diploma di laurea Magistrale nel 2013. Scrive per alcune riviste telematiche di letteratura e collabora, quale giornalista, per diverse testate d’informazione occupandosi di cronaca parlamentare, costume e società. Si dedica attivamente allo studio dell'economia e del pensiero politico contemporaneo ed è docente di storia e filosofia. Gestisce un blog: http://www.lindividuo.wordpress.com Su twitter è @Riccardo_Piazza
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