Il terremoto populista che ha scosso l’Europa in occasione delle ultime Elezioni Europee del 25 maggio ha avuto un epicentro ben preciso: la Francia. L’onda “Bleu Marine” del Front National di Marine Le Pen ha travolto tutti i soggetti politici concorrenti, con l’estrema destra che ha avuto buon gioco nel completare la scalata avviata dalla pasionaria nel 2011, accreditandosi come primo partito sulla scena partitica transalpina. Il dato elettorale, già di per se’ eclatante (25%, quattro punti percentuali di vantaggio sull’Union pour un Mouvement Populaire e addirittura a più 9 sul Partito Socialista del Presidente Francois Hollande), assume una connotazione ancor piu` significativa se si considera che il FN, in termini assoluti, ha perso voti rispetto alle precedenti Elezioni legislative e Presidenziali, quando arrivo` terzo nella corsa all’Eliseo con il 17,8%. Il 58% di astenuti, dunque, sembra aver penalizzato anche la Le Pen, sebbene non le abbia impedito di trionfare in quasi tutte le circoscrizioni elettorali dell’Esagono (ad eccezione dell’Ile de France e dell’Ovest) e di arrivare in testa in ben 71 dipartimenti.
Per un Parlamento UE che si prepara ad ospitare uno spettro partitico piu’ che mai polarizzato, malgrado il vantaggio numerico di PPE (212) e PSE (186), il caso francese turba il sonno delle principali cancellerie del Vecchio Continente. Dietro una grande protagonista come Marine Le Pen ci sono due grandi sconfitti, UMP e PS. La sinistra di governo è di fatto costretta a certificare lo stato comatoso in cui versa ormai dall’elezione di Francois Hollande al vertice dello Stato. Il sussulto del Presidente dopo le recenti Amministrative (primo campanello d’allarme per gli eredi di Jean Jaurès), con l’avvicendamento tra Primi Ministri Jean-Marc Ayrault – Manuel Valls (uomo forte della destra PS), sembra essersi rivelato poco piu di un palliativo. Il popolo francese ha manifestato ancora una volta alle urne il proprio malcontento per l’immobilismo di Hollande: il Patto di Responsabilita’ e il taglio di tasse e spesa pubblica (50 miliardi in tre anni) sono ancora in alto mare, anche se Valls ha specificato che “Il voto non cambia la direzione di marcia del governo“.
Resta tuttavia la profonda disaffezione nei confronti del Capo di Stato meno amato della V Repubblica: nel partito c’è già chi evoca senza giri di parole un “problema Hollande”, come il deputato di Pas-de-Calais Guy Delcourt, intervenuto nel corso della riunione del gruppo socialista all’Assemblea Nazionale. In molti hanno sottolineato, peraltro, l’inutilità delle continue uscite mediatiche di Monsieur Le Président, tra cui i 5 minuti di videomessaggio all’indomani del voto europeo e l’intervista concessa al canale all-news BFMTV il giorno dell’anniversario della sua vittoria alle Presidenziali. In quell’occasione Hollande annunciò una possibile riforma territoriale che preveda l’accorpamento di Regioni e Dipartimenti, smentendo le sue stesse dichiarazioni di gennaio. La mossa del “découpage”, nell’ottica hollandiana, oltre a garantire un cospicuo risparmio per le casse dello Stato, andrebbe a posticipare il voto amministrativo previsto per il 2015 facendo “rifiatare” l’esecutivo. Il magro bottino delle Europee, però, sembra aver irrimediabilmente acuito la crepa tra il popolo e il vituperato erede di François Mitterand. Per un PS in caduta libera, c’è un UMP in preda a scandali e crisi di leadership.
Il partito dell’ex Presidente Nicolas Sarkozy è infatti di nuovo nella bufera per via dell’affaire Bygmalion, società di comunicazione vicina all’ormai ex presidente del partito Jean-François Copé. Le confessioni in diretta televisiva del braccio destro del sindaco di Meaux, in merito alle fatture gonfiate per il finanziamento della campagna elettorale del 2012, hanno definitivamente messo la parola fine sulla gestione del partito da parte di Copé. Nata sotto una cattiva stella nell’autunno di due anni fa, quando si era consumata una logorante lotta intestina con il rivale François Fillon, l’era Copé si chiude ora con la ‘cacciata’ da parte dell’ufficio politico UMP. Le dimissioni “sollecitate” dell’ideologo della Droite décomplexée lasciano il campo ad un triumvirato composto dall’ex Primo Ministro Jean-Pierre Raffarin, lo stesso Fillon e soprattutto l’ex fedelissimo di Jacques Chirac Alain Juppé. Proprio il primo cittadino di Bordeaux è da tempo indicato da osservatori ed esponenti del partito come il possibile traghettatore dell’UMP fino al prossimo voto per l’Eliseo, se non direttamente il candidato alla Presidenza, nonostante l’età avanzata (69 anni) e una condanna penale alle spalle.
Juppé sarebbe l’interprete ideale di quella svolta, nella strategia politica e nella dirigenza, invocata da Fillon all’indomani della débacle europea (di fatto, un benservito all’ex rivale Copé). Molti nell’UMP, su tutti la candidata sindaco di Parigi Nathalie Kosciusko-Morizet, auspicano uno spostamento al centro dell’azione politica dei gollisti: le precedenti Amministrative avevano già premiato, in molteplici casi, l’asse tra l’UMP e i centristi di UDI e MODEM. In un’intervista al settimanale Le Point, il primo a far luce sulla torbida questione Bygmalion, lo stesso Juppé ha esortato all’unione tra l’UMP e i centristi, chiosando su una sua possibile investitura personale per il 2017. Il boom elettorale del Front National, di fatto, consegna un unico candidato certo in vista delle Presidenziali: Marine Le Pen. Tra la perenne incognita del ritorno di Nicolas Sarkozy alla testa della destra repubblicana (stretta tra le grane giudiziarie e la tentazione Elezioni Primarie) e un Partito Socialista che mette in discussione (caso unico nella V Repubblica francese) il rinnovo della candidatura del Presidente in carica, il vento della politica d’Oltralpe sembra soffiare più che mai in favore della famiglia Le Pen. A dar man forte al Front National, in piena transizione identitaria da “opposizione irresponsabile” a partito di governo, potrebbe addirittura spuntare la possibile modifica della legge elettorale, in senso proporzionale, per le future legislative.