Elezioni USA, la santa alleanza anti-Trump tra Apple, Google, Amazon e l’establishment repubblicano
Con le dovute proporzioni assomiglia all’alleanza tra angloamericani e sovietici nella Seconda Guerra Mondiale per battere Hitler. Nessuno oserà tali paragoni, ma tale convergenza tra due mondi così distanti finora davanti a un pericolo giudicato troppo grande da entrambi ha pochi precedenti, almeno nella storia USA
Si tratta della possibile alleanza tra l’establishment repubblicano rappresentato dalla dinastia Bush o dal consigliere e stratega Karl Rove e la creme de la creme della Silicon Valley liberal e progressista, con Larry Page di Google, Jeff Bezos di Amazon, Tim Cook di Apple
Elezioni USA, la Silicon Valley teme una presidenza populista e anti-immigrazione
Cosa unisce queste forze? I timore per una vittoria di Trump, che sembra sempre più vicina dopo le primarie vinte anche ieri nella maggior parte degli Stati in cui si è votato. Rubio, il candidato più gradito all’establishment repubblicano dopo il ritiro di Jeb Bush, appare sempre più senza speranza, ormai surclassato da Cruz, l’ultra-conservatore evangelico che ha strappato l’Idaho ieri e rimane il maggiore rivale di Trump.
C’è poco da consolarsi per lo Speaker della Camera Paul Ryan o per il leader della maggioranza repubblicana al Senato McConnell, e la sensazione generale nel GOP è che si deve correre ai ripari, anche incontrando gli avversari come gli imprenditori liberal della Silicon Valley.
L’occasione è stata l’annuale Forum dell’American Enterprise Institute’s, uno dei tanti luoghi di incontro in stile Davos super esclusivi riservati a Ceo e leader politici americani.
54 sono stati i jet privati visti atterrare a Sea Island, al largo della Georgia, sede del vertice, diversi provenienti dalla California.
Secondo alcuni testimoni vi è stato un diverbio tra il senatore repubblicano Cottons e Tim Cook sulla questione della violazione della protezione dei dati sull’Iphone, rifiutata dalla Apple anche se su richiesta del FBI, ma l’argomento forte è stato chiaramente Donald Trump
Elezioni USA, più rassegnazione che strategie contro Trump tra i repubblicani
Secondo alcune fonti citate dall’Huffington Post in realtà più che di parlare di come fermare Trump è stata una lamentazione su come sia potuto accadere, e le speranze di batterlo sono state lasciate alle analisi di Karl Rove su come alla fine per gli americani sarà difficile vedere il miliardario come un presidente responsabile, qualcuno a cui affidare la valigetta nucleare. Un’altra arma sono i miliardi da direzionare in spot che lo distruggano agli occhi degli elettori conservatori, di questo si occupa Meg Withman, ex CEO di Ebay, oggi di HP, che guida un Super-Pack, un comitato di finanziamento conservatore che investirà molto in questo senso.
In realtà potrebbe non bastare, ed è possibile che si arrivi a una convention repubblicana quest’estate con nessun candidato con la maggioranza dei delegati, visto che ora Trump sta prevalendo in corse in cui la distribuzione dei delegati è proporzionale e non ha quasi mai superato il 50% dei voti, e si dovrebbe cercare il consenso di quei delegati che sono liberi di votare anche altri candidati e non solo il proprio, solo il 5% all’inizio, ma il 57% alla seconda votazione.
Uno scenario in parte vistosi solo nel 1976 per la nomination di Ford, poi sconfitto da Carter
Calcoli e ragionamenti che potrebbero essere cancellati in caso di vittoria di Trump nelle prossime primarie, come quelle della Florida o Ohio.
Elezioni USA, i timori della Silicon Valley
D’altro lato le preoccupazioni repubblicane convergono con quelle dei big della Silicon Valley, che temono l’ideologia di Trump, in un ceto senso contraria alla modernità e a tutto ciò che per l’americano di provincia rappresenta San Francisco e dintorni, un gruppo di hipster fighetti lontano dai “veri valori” dell’America tanto da aver fatto dire a Trump che si doveva “chiudere internet” in caso di grave pericolo di terrorismo islamico.
Inoltre la Silicon Valley sta beneficiando dell’arrivo di tantissimi stranieri da ogni parte del mondo che lavorano nell’industria del software, Est-asiatici, indiani, europei, oltre all’apporto di ispanici nell’indotto. La stretta annunciata da Trump in questo senso spaventa.
Solo recentemente Trump stesso ha pensato di moderare i toni parlando dell’importanza degli immigrati laureati rispetto agli altri, ma il solco rimane