E’ una frase che sto sentendo sempre più spesso da un po tutte le parti, si riferisce alla politica che ha smesso di ascoltare e di rappresentare tutti.
Si riferisce alla democrazia che non può essere, come dicevano Stuart Mill e Tocqueville, una dittatura della maggioranza tout-court, ma che deve ascoltare di più, anche le minoranze.
Ora veniamo ai fatti degli ultimi mesi, alcuni in particolare hanno attirato la mia attenzione.
2 proteste molto forti che hanno causato milioni di danni, alla comunità e alle persone coinvolte loro malgrado.
Lo sciopero selvaggio dei TIR e le proteste violente dei No Tav.
Per violenza non intendo soltanto quella dei camionisti verso chi non voleva scioperare o le pietre e gli insulti contro la polizia o contro i giornalisti, ma anche verso quei poveri cristi bloccati in autostrada o in treno per ore. Persone che si sono viste di fatto sequestrate da una protesta improvvisa e inattesa, persone che non saranno mai ascoltate da nessuno perché non gridano, perché portano sulle proprie spalle i propri problemi senza scaricarli sugli altri con azioni spettacolari per attirare l’attenzione di tutti (che tradotto vuol dire: fatte per finire in tv o sui giornali). Credo che ci sia una buona dose di narcisismo e di disgustoso egoismo in questa spettacolarizzazione della protesta ma andiamo avanti.
Dicevamo quindi che c’è una crisi di rappresentanza, della politica, ovviamente, ma solo della politica?
Leggendo questo articolo viene fuori che il sindacato che dice di rappresentare l’85% dei camionisti aveva stretto un accordo col governo, l’85% mica il 51% eppure il risultato è stato che gli scioperi ci sono stati lo stesso e per giunta selvaggi, ed hanno paralizzato l’Italia per giorni causando svariate centinaia di milioni di danni. Delle due l’una: o questo sindacato non rappresentava nessuno o in Italia bastano percentuali minime di dissenso per mandare tutto all’aria. Ci sono in questo caso anche sospetti di infiltrazioni malavitose, resta il fatto che il Governo ha fatto il suo dovere cercando e trovando un accordo condiviso con sindacati che rappresentassero quanti più lavoratori possibili e poi si è trovato impotente davanti ai blocchi delle autostrade. Nemmeno sul fronte No Tav le cose vanno meglio per il sindacato, dove la FIOM, dopo aver “sposato” il movimento No Tav fischia la CGIL (di cui fa formalmente parte) rea di essere a favore della Tav, ed è al tempo stesso divisa al suo interno. Una situazione che vista nel suo insieme ha in effetti del comico, insomma se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere o viceversa, fate voi.
Ovviamente una parte della sinistra (quella più radicale e più antagonista come FDS e SEL, ma anche spesso e volentieri IDV) si è subito schierata con la protesta (lo fanno sempre e comunque non si ricorda a memoria d’uomo una protesta di piazza che non abbia avuto il loro appoggio e la loro solidarietà, chi protesta in piazza deve per forza avere ragione, sembra quasi un “tic” il loro, un riflesso pavloviano proveniente da retaggi di antiche lotte).
Leggendo questo articolo, e quest’ altro, si capisce che la protesta No Tav non è la prima volta che si palesa e che in passato questa protesta è stata ascoltata eccome.
Ferrentino pare fosse uno dei leader della protesta portata avanti nel 2005, noi non condividiamo affatto l’etichetta di “pentito” affibbiata da “Il Giornale” perché quella particolare protesta pare che ottenne molti risultati, e che senso ha continuare a protestare dopo aver ottenuto molto di quello che si chiedeva? Per il resto l’intervista è estremamente interessante soprattutto quando cita l’opportunismo dei partiti nella vicenda, un vero e proprio “j’accuse” soprattutto verso Di Pietro, reo di sfacciato opportunismo politico.
Dai 3 articoli appena linkati si capisce che dopo il 2005 si è cambiato il percorso, si è istituita una fermata “Susa” inizialmente non prevista, e tutta un’altra serie di agevolazioni fiscali e di altri benefici per la valle.
Insomma i governi dell’epoca avevano ascoltato eccome le popolazioni locali e se vogliamo, visto che questo discorso è andato avanti per molti anni, si è ascoltato un po tutti.
Chi rimane fuori? Una percentuale minoritaria di persone del luogo anche aizzate e impaurite da paure irrazionali sulla presenza di amianto e uranio (non verificata al momento come sostiene l’ARPA Piemonte) che pure se ci fossero non dovrebbero destare preoccupazione, sarebbe come avere paura del fluoro del dentifricio perché in forma pura è l’acido più potente che esista (ma nel dentifricio è sotto forma di sale, quindi assolutamente innocuo). Tutti i materiali sono potenzialmente pericolosi o assolutamente innocui a seconda di come si trattano, e instillare false paure nella popolazione per ottenere i propri scopi politici ha un che di criminale.
A questi si aggiungono i difensori del trasporto su gomma (e ci vuole un bel coraggio da parte loro di accusare il treno di impatto ambientale ma tant’è) e un gruppo di antagonisti e di anarchici, professionisti della protesta fine a se stessa, pronti a fiondarsi in qualsiasi scenario di protesta ma non per farsi votare (non si candideranno mai, sono anarchici) ma per fare la guerriglia, per farsi notare, per andare sui giornali o in tv (come Casarini a Servizio Pubblico), per fare i patetici emuli di rivoluzionari del passato. A questi ultimi non interessa alcuna ragione, interessa solo alimentare gli scontri e parteciparvi, per poter scaricare la propria rabbia verso un mondo che non gli ha dato quello che sognavano.
Per quanto mi riguarda a questi basterebbe dargli una trasmissione tv su qualcuno degli infiniti canali del digitale terrestre o del satellite e dargli uno stipendio a fine mese. E problema risolto. Costerebbe anche meno che metterli in carcere e tanto non li seguirebbe comunque nessuno nei loro deliri.
Insomma avevano ragione o no Stuart Mill e Tocqueville quando parlavano di rischio di “dittatura della maggioranza”? Non lo so, ma certo se è vero che le minoranze vanno ascoltate è pur vero che non si ci può fermare se non siamo tutti, ma proprio tutti, d’accordo.
Perché pensare di mettere d’accordo tutti, ma proprio tutti, non è politica, è follia, e la democrazia serve proprio per evitare paralizzanti diritti di veto.
Se proprio si vuole ascoltare le minoranze, si faccia in modo di farlo attraverso qualche entità davvero rappresentativa e che una volta ascoltate queste persone e trovato un accordo con loro non si presenti qualcun altro, magari dopo qualche anno, a chiedere di ripetere all’infinito lo stesso processo, perché questo causerebbe la paralisi totale.
L’assenza della politica e la sua mancanza di credibilità hanno causato molti danni tra i quali da questa riflessione ne spicca uno: basta qualche centinaio di persone che protestano per paralizzare mezza nazione, con chi governa terrorizzato dall’idea di usare il pugno duro per fare rispettare le leggi proprio per mancanza di credibilità, e con tutta una pletora di politicanti in tv e nei giornali a mostrare la loro sensibilità verso chi protesta (manifestanti che spesso protestano per validi motivi ma che in alcuni casi sono dei veri e propri criminali, in altri dei disadattati, in altri semplicemente gente male informata e preda di paure irrazionali e senza fondamento), pensando di accaparrarsi chissà quale consenso o di accreditarsi chissà quale leadership di chissà quale gruppetto minoritario. Che poi una volta che la bolla mediatica alimentata ad arte da qualche giornale (definire pacifici i No Tav, dopo tutto quello che è successo, è qualcosa di inspiegabile) e qualche programma tv, si sgonfierà questa pletora di politicanti verrà punita, inevitabilmente, nelle urne (e parlo ovviamente della partita che conta: le elezioni politiche).
Quando la politica saprà distinguere i cittadini, tra quelli che hanno qualcosa da dire davvero e che quindi meritano ascolto, dai criminali o dai bambini viziati e frignanti, e saprà finalmente informare come si deve tutti (non siamo a tuttora in grado di dire quanto costa davvero la Tav, girano le cifre più assurde e disparate da mesi senza nessuno che dica come stanno davvero le cose) allora riguadagnerà gran parte della propria rappresentatività.
Nel frattempo sarebbe opportuno che la riguadagnassero anche i sindacati (alcuni dei quali si comportano oramai come un partito) e gli altri attori coinvolti in queste proteste, perché a dirla tutta nemmeno loro ci stanno facendo una gran figura.