Mario Draghi ha convinto il board della BCE a superare le resistenze tedesche usando tutta insieme la potenza di fuoco di cui disponeva. Un maxi-piano di stimolo così sintetizzabile:
• ha portato a zero il tasso sui fondi che le banche prenderanno a prestito dalla BCE;
• il tasso sui depositi bancari in BCE passa da -0,30% a -0,40%; ciò per indurre le banche a investire nell’economia, penalizzando chi lascia i fondi nel c/c con BCE;
• il “marginal lending facility” cioè il tasso per la liquidità a un giorno scende da 0,30 allo 0,25%: pure questo intervento sul costo del denaro “overnight” finalizzato ad aumentare la liquidità;
• la novità più rilevante per l’Italia è il Quantitative Easing che sale da 60 a 80 miliardi al mese di titoli che la BCE acquisterà titoli dalle banche per liberare nuove risorse da investire nell’economia. Inoltre, per la prima volta la Bce potrà acquistare bond in euro di imprese non finanziarie, con un rating superiore a quelli speculativi;
• Fino a marzo 2018 la BCE lancerà quattro nuove operazioni di finanziamenti a quattro anni per le banche (TLTRO) con tassi che potranno scendere fino a quello dei depositi (-0,40%). In buona sostanza, la BCE pagherà le banche per la liquidità a lungo termine che concederà loro e il tasso sarà tanto più negativo quanto più gli istituti faranno credito. Nella conferenza stampa Draghi ha precisato che la misura è per “tutte le banche, non è pensata per quelle italiane”.
Quella del 10 marzo è stata una manovra imponente, forse l’ultimo colpo del bazooka in mano a Draghi, per cercare di far risalire l’inflazione, stimolare il credito e la ripresa economica. Una cura da cavallo che tuttavia mostra la dura realtà della situazione economica europea.
La BCE si è mossa infatti sulla base di previsioni economiche preoccupanti.
La ripresa nell’area Euro rallenta. Sono forti i rischi di ulteriori ribassi per il rallentamento dei paesi emergenti, per la volatilità dei mercati e per i vari focolai di guerra. L’inflazione non riparte affatto e il target del +2% sembra ormai una chimera. Aleggia lo spettro della deflazione, un fenomeno nuovo per l’Europa e per l’Italia in particolare, che nessuno sa come fronteggiare.
Draghi ha convinto il board della Bce ad approvare la sua linea a schiacciante maggioranza – ma non all’unanimità – nonostante il fatto che, per via della regola interna di rotazione dei diritti di voto, non abbia votato il Governatore della Bundesbank Jens Weidmann, principale avversario della politica di Draghi. Weidmann esprime le voci critiche che da tempo arrivano dalla Germania e che si sono levate prima e dopo l’annuncio. Michael Kemmer, rappresentante delle banche tedesche ha commentato: “misure totalmente inutili” e che la Bce “esagera i rischi di deflazione”. Altre critiche vengono dall’ex Governatore della Bundesbank e da politici anche di altri governi del nord Europa.
A queste critiche ha risposto Draghi nella conferenza stampa: “Immaginate se non avessimo fatto niente, se avessimo incrociato le braccia dicendo ‘nein zu allen’, no a tutto. Oggi ci ritroveremmo con una disastrosa deflazione”.
La promessa di Mario Draghi del luglio 2012 “Whatever it takes” viene confermata. A un anno dal varo del Quantitative Easing, era prevista una revisione ma la Bce ha però sorpreso tutti, mettendo in campo più interventi congiunti. Finora gli strumenti di Draghi hanno evitato la crisi del sistema bancario, che avrebbe avuto effetti catastrofici per imprese e famiglie, ma non lo scenario deflazionistico. Anche con le nuove misure, i tempi per tornare alla normalità saranno lunghi. Draghi è mosso da grande attenzione alle imprese, con i prestiti Tltro e con l’acquisto di corporate bond. Serve però la collaborazione di un sistema bancario, più orientato a dare credito all’economia reale, e una politica attiva degli Stati membri, da cui la BCE si attende misure per stimolare l’economia europea.
La reazione dei mercati è stata inizialmente euforica, ma l’effetto è rapidamente sfumato. Le principali borse europee hanno chiuso in negativo. A metà giornata dell’11, l’atteso rimbalzo, fino al 4%, dell’indice MIB della Borsa di Milano. Vedremo nei prossimi giorni se prevarrà l’ottimismo per il credito facile o il pessimismo per la situazione economica che ha reso necessario questo intervento senza precedenti.
La vera difficoltà per Draghi è convincere i mercati di non aver esaurito le munizioni del suo bazooka. Il presidente della Bce lo ha detto esplicitamente: la migliore risposta a chi dice che le banche centrali non hanno più strumenti “sono le decisioni di oggi. È una lista piuttosto lunga di misure destinate a rafforzare la congiuntura. Abbiamo dimostrato che non ci mancano gli strumenti”.
La Bce lascia intravedere alcune possibili nuove carte da giocare: sul fronte dei tassi, oggi a zero, Draghi ha assicurato che “resteranno ai livelli attuali o a livelli ancora più bassi, per un periodo ben al di là dell’orizzonte temporale del Quantitative Easing” che potrà proseguire “se necessario” oltre la scadenza di marzo 2017 e “in ogni caso fino a quando vedremo una sostenuta risalita della dinamica di inflazione”. In estrema sintesi, ancora “whatever it takes”.
Resta viva però la questione sul reale potere della politica monetaria di stimolare l’economia europea dopo le tante iniziative già prese. Occorre un grande sforzo di tutti, una rinnovata fiducia: dei consumatori perché spendano di più, delle imprese perché investano per essere più competitive e del governo a tutti i livelli per adottare politiche di stimolo alla crescita. E’ questo che auspica anche Mario Draghi.
Bancor