E’ il più giovane della compagnia ed è colui che dovrebbe rappresentare la minoranza interna del Pd al prossimo congresso in programma del 2017: Roberto Speranza. Il suo curriculum parla chiaro ed è il più classico dei percorsi di chi ha fatto politica a sinistra dagli anni ’80 in poi. Classe 1979, la carriera politica di Roberto Speranza inizia nell’organizzazione giovanile del Partito (all’epoca prendeva il nome di Sinistra Giovanile). Ad appena 25 anni viene eletto consiglio comunale a Potenza per essere promosso qualche anno dopo, nel 2009, a segretario regionale del Pd in Basilicata. Il salto di qualità avviene nel 2013 con l’elezione alla Camera dei Deputati nel Pd all’epoca guidato da Pier Luigi Bersani di cui diventa il capogruppo alla Camera (ruolo da cui si dimetterà in polemica con Renzi che lo sostituirà con Ettore Rosato).
I rischi per Roberto Speranza
Roberto Speranza, pur qualche anno più giovane del premier, ha una provenienza politica diversa dalla matrice del premier più vicino al cattolicesimo-democratico ed ai suoi eredi della Margherita. Ma la sostanziale differenza con Renzi è l’assenza di esperienza da amministratore. Fatta eccezione per l’esperienza da consigliere comunale Roberto Speranza non è mai stato sindaco o presidente della Provincia. Si tratta di due esperienze che Renzi ha anteposto in tutto il suo cammino verso la leadership del Pd prima e di Palazzo Chigi subito dopo.
Roberto Speranza che attacca sempre più spesso il premier-segretario dovrà e potrà anteporre il suo profilo politico contando sul supporto di esponenti storici della sinistra riformista italiana tra cui Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema. Proprio in questo è insito un altro potenziale limite per l’ascesa di Roberto Speranza. Sia Bersani che D’Alema tendono a dominare la scena politica. L’ultima esperienza in tal senso è stata rappresentata da Gianni Cuperlo: dopo aver corso alle primarie a nome della sinistra del Pd nelle primarie vinte da Renzi, Cuperlo è stato lentamente fagocitato dalle figure dei suoi sponsor che a quanto pare non hanno granché intenzione di farsi definitivamente da parte. E su questo tasto, c’è da giurarci, sarà lo stesso Renzi a battere spesso…