Situazione Grecia: come procede la ristrutturazione del sistema bancario?
“Il capitolo Grexit è definitivamente chiuso”. Questo quanto dichiarato dal governatore della Banca centrale greca, Yannis Stournaras, in una dettagliata intervista rilasciata a Vittorio Da Rold ed apparsa sulle colonne del Sole 24 Ore di domenica 13 marzo. Con un occhio alla difficile situazione socio-economica ancora lungi dall’essere pienamente risolta ed un altro volto alla rassicurazione di investitori esteri e mercati, il governatore ellenico si è soffermato sulla solidità delle quattro maggiori banche della Grecia, Alpha Bank, Eurobank, National Bank of Greece e Piraeus Bank, fino alla scorsa estate in crisi di liquidità e rifinanziate in extremis grazie all’intervento dei fondi straordinari di salvataggio Ela dell’Ue. A margine del congresso, tenutosi venerdì scorso a Milano, per il Regional Meeting Europa, Africa, Sud America organizzato da The Boston Consulting Group, Stournaras ha paventato ottimismo. Due le bisettrici di tale fiducia: la rinnovata politica interna riformatrice posta in essere da Alexis Tsipras e una generale stabilità del nuovo apparato del credito greco.
La Grecia, le banche e le priorità del sistema finanziario ellenico
Quando gli si ricorda che la Grecia ha rischiato il tracollo economico-finanziario per mancanza di liquidità sfruttabile all’interno delle principali linee di credito, con conseguente inondazione del proprio mercato interno di titoli ed asset con un margine nominale di interesse tale da renderli a malapena accettabili quali fogli di carta A4, appena un’estate fa, Yannis Stournaras dimostra di non volersi nascondere dietro ad un dito. Tuttavia egli sottolinea con decisione le possibilità offerte dalle nuove risorse del sistema bancario ellenico: “Il sistema bancario greco è più forte di prima e ben capitalizzato, con un coefficiente Tier1 del 18,2 per cento, il secondo più alto nell’Eurozona. Il sistema si è ricapitalizzato l’anno scorso in un momento molto difficile, usando soldi privati e non pubblici. L’Eurogruppo si aspettava che sarebbero serviti 25 miliardi di euro di risorse pubbliche mentre ne sono stati utilizzati solo 5 miliardi ed il resto è venuto da risorse private. Per le maggiori banche greche, le cui perdite ammontavano a 14,4 miliardi, l’anno scorso, soltanto 5 miliardi di euro hanno visto la partecipazione del comparto pubblico”.
Grecia, politica e riforme economiche: il punto di non ritorno
Indietro non si torna. Nel futuro del sistema economico e finanziario della Grecia vi sono 3,5 miliardi di euro di interessi da rifondere entro il prossimo luglio alla Banca centrale europea ed ai maggiori creditori, ovvero il Fondo monetario internazionale e la Commissione europea costituenti in connubio la triade della celeberrima Troika, i quali hanno permesso il salvataggio d’emergenza dell’anno passato. Inoltre l’attuale opprimente situazione dei recenti flussi migratori sul territorio, obbliga il governo di Alexis Tsipras a non abbassare la guardia, consapevole d’essere ancora sotto stretta sorveglianza europea. Tale controllo comunitario attende con impazienza le riforme economiche del sistema pensionistico e del Welfare.
A tal proposito, le parole di Stournaras sono esplicite e dimostrano di voler mantenere ben saldo il principio di autorità nazionale del Parlamento di Atene: “Le riforme in Grecia devono essere realizzate non perché le chiedono i creditori, ma perché sono una necessità per avere un sistema pensionistico sostenibile, abbiamo bisogno d’avere un sistema di tassazione equo dove tutti coloro con la capacità di pagare versino davvero quanto dovuto. Siamo a buon punto, molte liberalizzazioni del mercato e delle professioni sono partite ed hanno già portato dei benefici”.
Per l’ex ministro delle Finanze del governo Samaras un nodo gordiano vincola oggi le possibilità d’azione reale della Grecia all’interno dell’Unione europea: la questione dei flussi migratori. La Banca centrale greca, in dicembre, ha calcolato che la crisi delle transumanze umane e la gestione delle frontiere nazionali e internazionali costino lo 0,3 per cento dell’intero Pil ellenico, pari a 600 milioni di euro.
In attesa che l’Europa affronti seriamente un riordino radicale della politica di collocamento ed accoglienza attraverso la revisione dei Trattati di Dublino, l’inquietudine di Stournaras è netta: “Questa stima è stata fatta sulla presunzione che la Grecia fosse solo una nazione di transito, ma se noi ora dovremo ospitare un numero rilevante di rifugiati questa previsione dovrà essere ricalcolata”.
Riccardo Piazza