L’occupazione va peggio nelle grandi imprese, altro segnale di declino

Pubblicato il 2 Giugno 2014 alle 10:47 Autore: Gianni Balduzzi

L’Italia è ed è sempre stato un Paese di piccole e medie aziende, osannate dal pensiero comune come la spina dorsale dell’economia nazionale, in realtà spesso uno dei fattori della difficoltà nel tenere il passo del rinnovamento tecnologico e della competitività. Se è vera la tesi che valorizza l’importanza della grande impresa vediamo come in questi anni è andata l’occupazione.

 

L’ISTAT ci racconta l’andamento negli ultimi anni di crisi, quelli dopo il rimbalzo del 2010-2011. Se poniamo il 2010=100 e osserviamo come scende l’occupazione otteniamo i seguenti grafici:

L’occupazione nei servizi scende meno ma in modo più netto, mentre quella nell’industria cala molto fino a dicembre 2012 per poi fermarsi.

Nei servizi in un certo senso la crisi è stata di ricaduta dopo il calo nella domanda e la perdita dell’occupazione negli altri settori, e per questo anche se nei numeri era stata più grave all’inizio, è alla sua fine che la crisi si sta fcendo sentire nel Paese reale.

Il punto però è che proprio le grandi aziende (intese con più di 500 dipendenti) dovebbero essere il cuscinetto e l’argine contro la crisi occupazionale, con i loro ammortizzatori interni, le loro capascità di investimento e cambiamento di strategia, invece se misuriamo, come l’ISTAT, il livello di occupazione in proprzione al 2010, questa nelle grandi imprese è stata addirittura inferiore a quella generale, visto che quest’ultima è stata del 97,7 fatto 100 il 2010.

Cosa è sucesso? Probabilmente nel 2008-2010 a soffrire prima la crisi è stata l’occupazione meno protetta, quella degli autonomi, degli artigiani, dei precari soprattutto delle piccole imprese, in questi segmenti poi il numero delgi occupati si è relativamente stabilizzato, a un livello naturalmente più basso degli anni precedenti, o è continuato a diminuire, ma a un ritmo inferiore, mentre nella grande impresa, esauriti gli ammortizzatori, si è dovuto procedere a tagli, più tardi ma in modo netto.

A proposito di ammortizzatori, vediamo il numero di ore di cassa integrazione su 1000 lavorate nell’industri e nei servizi:

Al di là dei picchi stagionali nei servizi in cui molte imprese strumentalmente usano la Cig come forma di risparmio (e già questa è una distorsione) l’utilizzo della cassa integrazione è andata aumentando e poi diminuendo, ma come abbiamo visto non si è trattato di riassorbimenti ma più spesso di licenziamenti del personale.

Questi dati dovrebbero farci riflettere sia sull’efficienza dell’uso della cassa integrazione come principale ammortizzatore, sia sull’urgenza di una riforma del lavoro e del contratto che nelle grandi imprese è prevalente, quello a tempo indeterminato perchè evidentemente, anche se viene portato come feticcio di stabilità, non è per nulla servito a tale scopo.

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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