Continuano gli interrogatori e il lavoro dei magistrati della Dia di Reggio Calabria nell’inchiesta sul “Caso Matacena” che ha portato all’arresto, lo scorso 8 Maggio, dell’esponente di Forza Italia Claudio Scajola. L’ex ministro, questa l’accusa, avrebbe favorito la latitanza dell’ex deputato Pdl Amedeo Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e attualmente a Dubai in attesa di estradizione. La conferma dell’interessamento e di un ruolo attivo dell’ex ministro nel favorire il trasferimento di Matacena da Dubai a Beirut, in Libano, arriva proprio da alcuni verbali dell’interrogatorio di Scajola a Regina Coeli, resi noti su accordo delle parti e depositati al Tribunale del riesame di Reggio Calabria. Dai verbali emerge che all’operazione avrebbe preso parte anche Vincenzo Speziali, un calabrese nipote dell’omonimo ex senatore di Forza Italia, con importanti amicizie nel mondo della politica e dell’economia di Beirut e alcuni emissari di Amin Gemayel, ex presidente e leader delle Falangi libanesi.
Scajola racconta che Vincenzo Speziali gli propose “un incontro con Chiara Rizzo (moglie di Matacena) ed un consigliere di Gemayel, per affrontare l’argomento”. “Seppi poi – continua l’ex-ministro – che a quest’incontro non avrebbe preso parte il consigliere di Gemayel, qualche giorno prima della data fissata, tanto è vero che mi era stato detto che avrebbe mandato una lettera, che lo Speziali riferiva a Gemayel. Ricevuta questa missiva ho poi predisposto un appunto in cui indicavo i punti che Speziali mi aveva detto di portare all’attenzione degli avvocati di Matacena”. L’appunto a cui fa riferimento Scajola è una carta intestata della Camera dei Deputati, in cui è scritto a mano: “1) Evidenziare la condanna di reato associativo per mafia inesistente nel codice libanese 2) Persecuzione di carattere giudiziario per finalità politiche 3) storia della palingenesi dei processi 4) supplica di asilo per fini umanitari e di carattere medico”. Nel foglio vi è scritto poi: “Consegna diretta all’Ambasciata di Roma” e infine “dovrà essere compiuto immediatamente dopo l’insediamento del nuovo esecutivo”.
A confermare l’esistenza di questa missiva anche l’ex segretaria di Scajola, Roberta Sacco, finita ai domiciliari. Nel lungo interrogatorio davanti ai magistrati reggini, la collaboratrice di Scajola dichiara che, negli ultimi tempi, l’ex ministro avrebbe avuto seri “problemi economici”. Rivelazioni, quelle sulla situazione finanziaria di Scajola, che per i magistrati rappresentano un punto importante e che avvalora il sospetto che Scajola abbia stretto rapporti non solo personali ma anche economici con l’ex deputato Matacena e la moglie Chiara Rizzo, fino a impegnarsi in prima persona per favorirne la latitanza. “Tempo fa mi ha fatto fare il conteggio delle spese mensili, visto che aveva bisogno di sapere quale fosse il suo bilancio familiare” ha raccontato la Sacco agli inquirenti, rivelando le preoccupazioni del ministro sulla sua situazione finanziaria. E aggiunge: “Scajola ha tre conti bancari: il primo presso il Banco di Napoli di Montecitorio, il secondo presso la Bnl del Viminale e il terzo presso la Banca Carige di Imperia. Sono a conoscenza che nell’ultimo periodo avesse difficoltà economiche, tanto da aver sforato i fidi concessi dalle banche”. E su Matacena la Sacco dichiara: “ricordo di averne sentito parlare quando lo Scajola era ancora ministro” mentre su Speziali dice: “Non lo conosco personalmente, né conosco l’origine della conoscenza tra lui e Scajola però mi aveva fatto annotare i suoi numeri. Qualche mese fa Scajola era a Roma e mi aveva chiesto di fermarmi in ufficio perché Speziali doveva inviare un fax importante e dovevo comunicarglielo». Quel fax era la lettera di Gemayel, il foglio ritrovato nello studio dell’ex ministro nelle perquisizioni scattate subito dopo l’arresto dell’ex ministro.
Carmela Adinolfi