Stipendio parlamentari: vizi e virtù della XVII legislatura
Stipendio Parlamentari: vizi e virtù della XVII legislatura
Che lo stipendio dei parlamentari italiani rappresenti da sempre uno dei maggiori poli attrattori del dibattito pubblico tricolore, alle volte in punta di diritto altre in maniera pretestuosa, è cosa rinomata. Una sperequazione altalenante di un cuneo fiscale del lavoro dove le retribuzioni minime per le differenti categorie professionali sfiorano livelli tutt’altro che uniformi, non aiuta a tenere salda una visione razionale sulla problematica che, inutile cercare di nasconderlo, è ancora ben presente.
Stipendio parlamentari: aumentano le ore di lavoro
Secondo i dati forniti dalla Camera dei Deputati circa l’attività dell’Assemblea parlamentare nel suo insieme, le sedute effettuate, all’interno della corrente XVII legislatura, sono state 593 per un totale di 3175 ore e 13 minuti. Tale computo è certamente di gran lunga superiore, ad esempio, alle scarne 278 sessioni plenarie di discussione tenutesi nella XV legislatura, la quale tuttavia durò dal 2006 al 2008.
Con una netta diminuzione delle entrate fisse e delle retribuzioni aggiuntive dovute ai rimborsi ed ai bonus di categoria, figlia di un profondo sentimento anti-casta che negli ultimi anni ha portato l’assetto dell’Emiciclo parlamentare verso una rivalutazione significativa delle proprie economie, lo stipendio dei parlamentari in Italia si attesta oggi sulla cifra dei 122 euro per ogni singola ora lavorata. Cifra ancora sideralmente lontana dalle altre categorie produttive del Paese, si pensi ai farmacisti (8,60 euro per ora lavorata), ai tecnici qualificati (7,90 euro), oppure agli impiegati amministrativi (7,20 euro).
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In buona sostanza, tenendo in considerazione l’attuale indennità fissa dei parlamentari (incardinata nel 2012 e rispondente ad euro 5246 netti) e la media mensile delle ore di effettivo lavoro assembleare, il dado è tratto: sembra proprio che ad un maggior numero di ore lavorate corrisponda una diminuzione del reddito percepito. Tuttavia i vizi e le virtù dello stipendio dei parlamentari italiani non passano soltanto da questo.
Stipendio parlamentari: vecchi vizi di corte
Nella X legislatura (1987 – 1992) i parlamentari italiani ricevevano una indennità, rivalutata al costo del denaro odierno, di 11.737 euro. Con lo stesso numero di ore e sedute d’Assemblea della legislatura attuale dunque, i rappresentanti politici della Repubblica incassavano una media oraria di 218 euro, ben 96 in più della presente indennità.
Eppure in una valutazione oggettiva dei costi e dei benefici di una categoria non basta guardare soltanto alla quantità, bisognerà anche curarsi della qualità dei servizi svolti. Invito alla riflessione, quest’ultimo, fatto proprio anche dalle affermazioni di Pino Pisicchio, parlamentare appartenente al Gruppo Misto: “Per verificare in maniera omogenea i dati è indispensabile confrontare le sedute. Con la presidenza di Napolitano (cita i dati forniti dalla Camera dei Deputati ndr) le sedute sono state 13,39 mentre con la presidenza Boldrini sono state 16,1. Di più: le ore di lavoro per seduta sono in questa legislatura 5,4 mentre nella XI erano 4,5″. In base a quanto detto, conclude, “è improprio definirci sfaccendati in questa XVII legislatura”.
Ad ogni modo qualche vizio di corte nello statuto deontologico del nostro Parlamento, a ben vedere, è rimasto. I rimborsi degli attuali parlamentari, anche ad una analisi sommaria, rimangono ancora troppo elevanti rispetto alle altre categorie del Welfare italiano. Inoltre, alcuni servizi anacronistici, elitari e di privilegio, fonte di una autodichia finanziaria delle Assemblee parlamentari effettiva, quanto difficile da comprendere, sono ancora attivi e ben lungi dall’essere razionalizzati totalmente da una seria “Spending review bicamerale”. Lo stipendio dei parlamentari italiani è oggi dunque la somma di tanti piccoli fattori di forma e di sostanza non perfettamente in equilibrio.
Riccardo Piazza