Libia, si avvicina l’intervento italiano
Libia, si avvicina l’intervento italiano
Da oggi in poi ogni giorno è buono perché il premier libico Fayez Al-Sarraj invochi l’intervento della Comunità Internazionale. E questo avrebbe delle conseguenze dirette sul nostro paese: in caso di richiesta di aiuto da parte del governo libico, l’Italia passerebbe in poche ore dalle retrovie alla prima linea. Con lo sbarco drammatico di ieri nella base navale di Abusetta (Tripoli) infatti il premier designato ha fatto un primo passo verso l’acquisizione di quella sovranità che gli permetterebbe di richiedere l’aiuto della Comunità Internazionale in Libia. Ma dall’Italia la reazione è stata piuttosto fredda proprio per le notizie che continuano ad arrivare da Tripoli: scontri, occupazioni di emittenti televisive e pressing delle fazioni di Tripoli e Tobruk, sono tutti ostacoli per qualunque tipo di mossa. Anche il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni ieri si è limitato ad una dichiarazione di circostanza: “lo sbarco di Al Sarraj è un altro passo avanti per la stabilizzazione della Libia”.
Intervento in Libia, il pressing di Obama
Ma per l’Italia la partita vera si gioca a Washington. Matteo Renzi, in visita per 4 giorni negli States, oggi e domani parteciperà al summit sulla sicurezza nucleare organizzato dal Presidente Barack Obama insieme ad altri 50 capi di Stato. Nell’agenda di Palazzo Chigi non è previsto alcun incontro bilaterale con il Presidente americano ma, come hanno scritto in questi giorni molti giornali, il premier ha già messo nel conto un pressing sempre più forte degli Usa sull’intervento italiano in Libia. “Mi auguro che il governo al-Sarraj possa lavorare nell’interesse della Libia e del popolo libico” è stato il commento lapidario del Presidente del Consiglio dopo i fatti di ieri. Cautela, quindi. Palazzo Chigi attende che la situazione in Libia si stabilizzi. Ma, dall’altra parte, le pressioni sull’Italia dopo l’intervista al Corriere della Sera dell’ambasciatore John Philips non accennano a diminuire.
Libia, il piano del governo: l’intervento del Liam
Secondo la Stampa il governo italiano però ha già un piano. Ed è pronto a metterlo in campo fin da subito. Palazzo Chigi ha già posto dei paletti all’intervento: nessuno “scarpone sul terreno”, nessun intervento di terra. La prima mossa del governo libico infatti potrebbe essere quella di richiedere l’intervento del “Liam”, ovvero Libya International Assistance Mission. La missione è guidata da 30 paesi della coalizione che invierebbero sul suolo libico “addestratori” per la ricostruzione dell’esercito e delle forze di polizia. Che ruolo avrebbe l’Italia in tutto questo? Quello di guida della missione. Come riporta sempre il quotidiano torinese infatti i rappresentanti dei 30 paesi si sarebbero già riuniti qualche settimana fa a Roma coordinati da “alti ufficiali” italiani pronti a prendere in mano le redini della situazione. Obiettivo della riunione: “fare presto”. Prima di un qualunque intervento però, come hanno assicurato più volte Roberta Pinotti e Paolo Gentiloni, ci dovrà essere un passaggio in Parlamento.
Libia, Scaroni: unità non esiste, favorire un governo in Tripolitania
Intanto stamani sulla questione libica è intervenuto anche Paolo Scaroni, ex amministratore delegato di Eni e attualmente vicepresidente di Rotschild. L’ex numero uno del cane a sei zampe in un’intervista al Corriere della Sera ha prospettato la nascita di un governo regionale in Tripolitania (“da dove provengono tutti i nostri migranti economici”) perché “cercare di ricostruire artificialmente una unità che non esiste nella percezione delle popolazione mi sembra molto più difficile che trovare soluzioni limitate ma praticabili”. Insomma, un passo alla volta. “La verità è che se guardiamo i libri di storia, si scopre che Cirenaica, Tripolitania e Fezzan sono da poco un Paese – ha aggiunto Scaroni – fummo noi italiani nel 1934 a inventarci la Libia, invenzione coloniale che non è sentita da nessuno. Ora, se invece di cercare di comporre questo puzzle difficilissimo, ci semplificassimo la vita e cercassimo di favorire la nascita di un governo in Tripolitania, che poi facesse appello a forze straniere che lo aiutino a stare in piedi, credo che potremmo risolvere parte dei nostri problemi”.
Giacomo Salvini
twitter @salvini_giacomo