Comunali Roma, perché Virginia Raggi è la candidata della destra
Perché Virginia Raggi è la candidata della destra
In Italia non c’è più sistema politico. Da qualche anno, ormai.
Lo sfaldamento del centrodestra ha portato ad una situazione del tutto imprevedibile solo qualche anno fa. Col Pd al centro del gioco politico in maniera ben più netta del PdL post-elezioni politiche del 2008.
Gli unici due perni del sistema sono rappresentati dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle. In un quadro in cui sembra parzialmente rieditabile il “bipartitismo imperfetto” della Prima Repubblica, con un Movimento 5 Stelle incapace (anche se non per motivi di carattere internazionale) di essere veramente forza di governo.
E ben più interessante però analizzare quanto nelle amministrazioni locali questo sfaldamento del centrodestra abbia alterato gli equilibri politici in campo. Portando a scenari del tutto inediti.
Il caso di scuola è uno ed uno solo: la città di Roma.
La Capitale d’Italia è sempre stato un caso interessante sul fronte del centrodestra. In quanto schieramento in grado di assumere una fisionomia abbastanza anomala rispetto al resto d’Italia.
Nella città di Roma (quando esisteva ancora la vecchia Casa della Libertà e Forza Italia si attestava su percentuali superiori alla somma dei suoi alleati messi assieme) il primo partito del centrodestra è sempre stato Alleanza Nazionale.
In uno schema in cui la formazione post-missina raccoglieva quasi il 30% dei voti, riuscendo a mantenere il ruolo di primo partito cittadino fino alle elezioni provinciali del 2003 (quando il presidente uscente Silvano Moffa fu sconfitto da Enrico Gasbarra). Uno schema in parte ereditato dal precedente elettorale comunale del 1993, quello del sistema politico in costruzione e dell’Msi capace di rappresentare l’unica destra alternativa ai progressisti di fronte ad una Dc in sfacelo (le performance missine a Roma, Napoli e Chieti in questo senso furono significative). Risultati che però dovettero compensare la presenza di una destra romana a trazione sociale e non conservatrice, come quella meneghina o partenopea.
Se guardiamo ad oggi il frammentato mondo del centrodestra nazionale, è proprio la galassia post-missina ad essere quella più colpita.
Il passaggio da Msi ad An (a differenza di quello tra Pci a Pds, che pure subì una scissione da parte dei suoi settori più massimalisti) aumentò vistosamente i consensi per il partito di via della Scrofa rendendo tutti gli ex missini automaticamente esponenti della nuova Alleanza Nazionale. Ed anzi: erano settori perlopiù provenienti da altre forze politiche della Prima Repubblica (Selva e Fiori per la Dc, Basini per il Pli ed ex monarchici come Fisichella) a confluire in An.
Il blocco storicamente più omogeneo del centrodestra berlusconiano è sempre stata dunque la destra di Fini, capace di ampliare così tanto il suo elettorato da ospitare nuovi esponenti al suo interno.
Ad oggi invece, con la fine di An, il mondo ex finiano si divide nei seguenti rivoli:
-Ex An ora in Forza Italia (tipo Gasparri e Matteoli).
-Ex An ora in Fratelli d’Italia (tipo Meloni e La Russa).
-Ex An ora nella Lega Nord (tipo Saltamartini).
-Ex An ora in Conservatori e Riformisti (tipo Bianconi).
-Ex An ora in Identità ed Azione (tipo Augello).
-Ex An ora in Fli o Liberadestra (tipo Menia).
-Ex An ora ne La Destra (tipo Storace).
-Ex An ora in Azione Nazionale (tipo Alemanno).
In un scenario romano, in cui Alleanza Nazionale prendeva il 30%, ed in cui tutti questi raggruppamenti sostengono in maniera divisa Meloni, Bertolaso, Marchini e Storace i flussi elettorali potrebbero premiare un candidato nello specifico: Virginia Raggi.
Raggi, un caso politico “interessante”
La candidata a Sindaco di Roma del Movimento 5 Stelle è un caso politico interessante. Non soltanto in quanto telegenica ed abile mediaticamente. Ma in quanto potenzialmente in grado di intercettare quell’elettorato di matrice conservatrice che per anni ha contrassegnato la città eterna. Ed in grado di resistere a sindaci di successo (Rutelli e Veltroni) che però venivano da un trend di popolarità e di successi amministrativi del tutto assenti oggi a sinistra (cosa che addirittura comportò la nascita di leadership a carattere nazionale).
La fisionomia del Movimento 5 Stelle del resto non andrebbe catalogato soltanto per faglie generazionali (coi Senatori pentastellati più progressisti dei colleghi della Camera, in quanto più anziani e più rispettosi di percorsi politici di stampo ideologico provenienti dalla Prima Repubblica). Ma anche secondo categorie di tipo geografico.
Innegabile dunque quanto il Movimento 5 Stelle a Roma abbia una rappresentanza più sociale e per certi versi più riconducibile alla tradizione politica della destra. Con i due principali esponenti (De Vito e Raggi) sostenuti rispettivamente da Roberta Lombardi da una parte e Alessandro Di Battista e Paola Taverna dall’altra.
De Vito e Raggi usciti politicamente da due realtà territoriali (il III Municipio ed il XIV) da sempre capaci di resistere alle ondate progressiste delle giunte di centrosinistra del passato (se escludiamo i casi del 2006 e del 2013).
Tutti aspetti questi che, uniti alla cronica divisione della destra, rendono per certi versi Virginia Raggi la vera candidata delle istanze conservatrici e della destra nella capitale d’Italia.
In quanto il suo Movimento, a Roma, sembra percorrere un tracciato capace di portarlo verso una ben definita scelta di campo.