Le dimissioni del ministro Guidi hanno riportato alla ribalta un pensiero comune: davvero serve un ministro per lo sviluppo economico? A chiederlo è Francesco Giavazzi, economista ed editorialista del Corriere della Sera che ripercorre la storia del fu dicastero dell’industria. ” Il ruolo fu occupato da personaggi di grande autorevolezza, da Romano Prodi a Giuseppe Guarino. Era il fulcro della «politica industriale» del governo, il luogo dove si dirigeva, meglio ci si illudeva di dirigere, la strategia industriale del Paese”.
Il cambio di nome (da ministro dell’industria a ministro per lo sviluppo economico) non cambiò le cose. Anzi, il potere del ministero calò anno dopo anno.
“Col passar del tempo si è cominciato a capire che anziché rischiare un ministro che si inventi una nuova politica industriale è meglio tradurre in leggi e regolamenti le segnalazioni che l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato trasmette ogni anno al governo”.
Eliminare il ministro per lo sviluppo economico
Ma quindi di cosa si occupa ora il ministro per lo sviluppo economico? Sostanzialmente di poco, fa sapere Giavazzi.
Oggi il ministro per lo sviluppo economico si occupa essenzialmente di gestire le crisi aziendali, un compito importante, ma che può essere assegnato ad un sottosegretario ad hoc nella struttura di Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio dovrebbe cogliere l’occasione e cancellare quel ministero.
Cancellazione che porterebbe in dote numerose cose positive. “Consentirebbe finalmente di tagliare la voce più inutile della spesa pubblica: i sussidi pubblici alle imprese private, gestiti da quel ministero e tanto inutili che neppure Confindustria li vuole. Sa, presidente, perché è tanto difficile tagliarli? Perché il potere dei burocrati di quel ministero dipende dalla loro discrezionalità nell’allocazione dei sussidi. Ogni tentativo di ridurli si è infranto contro il muro eretto da questi signori. Il premio per il coraggio di chiudere quel ministero vale una decina di miliardi di euro”.