Orvieto, Storace e Alemanno per rifare la destra
Per i primi passi concreti bisognerà aspettare l’autunno, dopo il referendum costituzionale: un congresso tenterà per l’ennesima volta di dare alla destra italiana una casa unitaria e nuova rispetto a quelle esistenti. L’impegno parte dall’assemblea che Azione nazionale, associazione vicina a Gianni Alemanno, e La Destra di Francesco Storace hanno svolto a Orvieto nel fine settimana.
Storace ha abbandonato Alleanza nazionale nel 2007, qualche mese prima che Berlusconi varasse l’idea del Pdl; Azione nazionale è nata alla fine dell’anno scorso, dopo che Alemanno e un gruppo di “quarantenni” avevano visto bocciato dalla Fondazione An l’idea di appoggiare politicamente (e non solo) la nascita di un nuovo soggetto politico di destra che fosse realmente inclusivo. Sono questi soggetti politici, nati rispettivamente all’inizio e alla fine della diaspora della loro area politica, a tentare di tracciare una via d’uscita alla “crisi politica e organizzativa del centrodestra”.
“C’è bisogno di una nuova grande destra per l’Italia”, fatta di idee, di “valori assoluti e non negoziabili” e di coerenza prima che di potere: inizia con questa consapevolezza il documento discusso a Orvieto, che alla costruzione di federazioni e partitoni disomogenei oppone la necessità, per ciò che resta della destra oggi, di “una ampia riflessione sulle radici e sulla proiezione futura della Patria italiana”, basata sul “collegamento diretto tra i valori non negoziabili della persona umana e quelli della Nazione e dello Stato”, con l’interesse nazionale a guidare ogni scelta.
Su questa base, le due formazioni hanno chiamato a raccolta il popolo di destra “per ritrovarsi in un grande Congresso di Fondazione” da organizzare in autunno “attraverso una Costituente per una destra plurale, aperta a tutte le forze politiche, i movimenti, le associazioni e le aggregazioni civiche espressione del territorio”. Da lì potrebbe nascere un partito che si riconosca in un programma opposto all’attuale indirizzo di governo e che dovrebbe “contribuire alla nascita di un centrodestra aperto, rinnovato e inclusivo che raccolga e dia valore a tutti i partiti politici e i movimenti alternativi al Governo Renzi e all’antipolitica del Movimento 5 Stelle”.
Per Alemanno “solo un partito di destra potrà rilanciare quello spirito di partecipazione e coinvolgimento in grado di affermare con forza una vera alternativa al governo Renzi”: occorre dunque prepararsi a “un grande, aperto e inclusivo congresso”. Per i vertici di Azione nazionale, è importante “porre fine a divisioni e diaspore e di rilanciare un nuovo e forte centrodestra in Italia costruendo una grande destra di governo”: ne sono convinte le nuove leve come Fausto Orsomarso e Marco Cerreto, ma anche esponenti storici come Roberto Menia (già finiano di ferro), risoluti a unire “l’esperienza di chi ha sulle spalle anni di battaglie a destra e l’entusiasmo di quei giovani che danno cuore e ali a questo progetto” (qualcosa di simile l’ha detto Storace, rivendicando “la prima fila ai giovani, a noi la prima linea dove si combatte”).
Fulcro di tutta la nuova iniziativa, tuttavia, è la consapevolezza – per dirla con Pasquale Viespoli, a capo del comitato promotore di Azione nazionale – che “quella già in campo” è una destra “nata già divisiva e che è stata funzionale al disegno di annientamento ed eliminazione della storia della destra italiana”. Il riferimento non è esplicito, ma è facile capire che l’oggetto delle critiche è innanzitutto Fratelli d’Italia, al momento unico partito di destra presente in Parlamento (e utente autorizzato di quel simbolo di An che in passato avrebbero voluto tanto Storace e Menia, quanto altri): con Alemanno e i “quarantenni” della fondazione An, dopo l’assemblea di ottobre, i rapporti sono almeno burrascosi. Le relazioni con Fdi, c’è da giurarlo, saranno di sicuro uno dei punti più delicati da affrontare per chi vuole costruire un’altra casa per la destra italiana.