Il sistema elettorale spagnolo per il Congreso de los Diputados (in Spagna vige un sistema de facto monocamerale data la poca rilevanza del Senato) è uno dei modelli considerati nell’ambito del dialogo volto alla riforma della nostra legge elettorale che sta avendo luogo tra le forze politiche che sostengono il governo Monti. Di seguito verranno presentati i caratteri generali di tale sistema ma soprattutto le conseguenze politiche che ha prodotto.
Sulla base di quanto disposto dall’articolo 68 della Costituzione spagnola del 1979 si comprende facilmente il carattere proporzionale della legge dato che il terzo comma recita che la elección se verificara en cada circunscripción atendiendo a criterios de representación proporcional.
[ad]L’altro elemento da considerare è la creazione di circoscrizioni elettorali provinciali. Dato che i deputati del Congreso sono solo 350 e le province sono ben 54, il numero medio di eletti per circoscrizione è pari a 7. Considerato tale elemento e dato l’utilizzo del metodo d’hondt per la ripartizione di seggi all’interno delle circoscrizioni, è ovvia conseguenza che la legge sia meno proporzionale di quanto appaia.
Questo sistema elettorale ha prodotto fin dalla prima elezione 3 fenomeni principali: rafforzamento e sovrarappresentazione piú che proporzionale dei partiti principali, incentivando quindi un bipartitismo; sottorappresentazione dei partiti di medie (e piccole) dimensioni; garanzia di una grande rappresentatività alle forze regionaliste.
Per quel che riguarda il primo fenomeno è da considerare la situazione di molte province poco popolate che eleggono solo 3 o 4 deputati e che quindi portano ad avere un sistema di fatto maggioritario. Un esempio significativo è quello di Soria, provincia orientale della Castilla, che ha sempre eletto 3 deputati. Nel 1979, in tale provincia, l’ UCD conquistò il 57,2% dei voti e 2 seggi (cioè il 66,6% del totale). IL PSOE conquistò il 25,5% dei voti ed 1 seggio (cioè il 33,3% del totale). La Coalición Democratica, infine, in quell’anno ottenne il 10% dei voti e nessun seggio. Dal 1979, quindi, vi è sempre stata un forte bipolarizzazione con un partito di centrosinistra (il PSOE) e un partito di centrodestra (prima l’UCD, poi AP-PP). Il cambiamento nell’ambito del centrodestra avvenne nel 1982, quando l’insuccesso e la poca identità dei governi democristiani tra il 1979 ed il 1982 produsse la perdita di elettori e dirigenti verso AP, cioè il partito guidato da Manuel Fraga, rappresentante dell’area moderata del vecchio regime. Nella tabella seguente si puó analizzare questa prima conseguenza della legge elettorale, confrontando i voti dei primi due partiti e i seggi che possedevano. Come si può constatare dalla tabella la percentuale di seggi ottenuta dai primi due partiti è sempre di molto superiore al numero di voti effettivamente conquistati.
PSOE |
UCD/AP-PP |
TOTALE VOTI |
% SEGGI SU TOTALE |
|
1979 |
30,40% |
34,84% |
65,24% |
82,57% |
1982 |
48,11% |
26,36% |
74,47% |
88,29% |
1986 |
44,06% |
25,97% |
70,03% |
82,57% |
1989 |
39,60% |
25,79% |
65,39% |
80,57% |
1993 |
38,78% |
34,86% |
73,64% |
85,71% |
1996 |
37,63% |
38,79% |
76,42% |
84,86% |
2000 |
34,16% |
44,52% |
78,68% |
88,00% |
2004 |
42,59% |
37,71% |
80,30% |
89,14% |
2008 |
43,87% |
39,94% |
83,81% |
92,29% |
2012 |
28,76% |
44,63% |
73,39% |
84,57% |
La seconda conseguenza del sistema elettorale, sicuramente la piú interessante per il caso italiano, è il fatto che i partiti che hanno un voto distribuito in maniera omogenea a livello nazionale ma non raggiungono il 20% conquistano seggi solo nelle circoscrizioni corrispondenti alle province piú popolate, ossia quasi sempre solo Barcelona e Madrid. In sostanza i partiti nazionali di dimensioni medie hanno una rappresentazione proporzionalmente molto piú bassa dei voti conquistati. Tutti gli esempi di partiti di medie dimensioni (tra il 4 ed il 12%) nelle dieci elezioni della democrazia spagnola sono riportati nella seguente tabella.
Partito | Elezione | Voti (%) | Seggi | Seggi (%) |
Coalición Democratica (AP) |
1979 |
6,05% |
10 |
2,86% |
Partido Comunista de España |
1979 |
10,77% |
23 |
6,57% |
Unión de Centro Democratico |
1982 |
6,77% |
11 |
3,14% |
Partido Comunista de España |
1982 |
4,02% |
4 |
1,14% |
Centro Democrático y Social |
1986 |
9,22% |
19 |
5,43% |
Izquierda Unida |
1986 |
4,63% |
7 |
2,00% |
Centro Democrático y Social |
1989 |
7,89% |
14 |
4,00% |
Izquierda Unida |
1989 |
9,07% |
17 |
4,86% |
Izquierda Unida |
1993 |
9,55% |
18 |
5,14% |
Izquierda Unida |
1996 |
10,54% |
21 |
6,00% |
Izquierda Unida |
2000 |
5,45% |
8 |
2,29% |
Izquierda Unida |
2004 |
4,96% |
5 |
1,43% |
Izquierda Unida |
2008 |
3,77% |
2 |
0,57% |
La Izquierda Plural |
2011 |
6,92% |
11 |
3,14% |
Unión Progeso y Democracia |
2011 |
4,70% |
5 |
1,43% |
(per continuare la lettura cliccare su “2”)
[ad]Infine è da considerare l’elemento piú interessante è il peso e la garanzia di rappresentatività delle forze radicate a livello regionale, permessa dalla mancanza di uno sbarramento a livello nazionale. I partiti del “nacionalismo periferico” hanno sempre giocato un ruolo decisivo nel sostegno esterno ai governi del PSOE e del PP anche grazie alla legge elettorale, dato che in termini elettorali hanno sempre pesato molto meno di Izquierda Unida o dei vari partiti di centro analizzati nella tabella sovrastante.
I casi piú evidenti sono CiU, il partito autonomista moderato catalano y el PNV, il partito nazionalista basco, che hanno sempre ottenuto un numero di seggi in termini percentuali molto piú alto della percentuale di voti conquistata. Di seguito una tabella permette di comprendere la quasi completa corrispondenza tra voti e seggi ottenuti da parte di CiU e PNV. Questo vale anche per altre forze politiche regionali, talune volte addirittura sovradimensionate. Questo permette di asserire che la stessa legge elettorale è stata una garanzia di successo per partiti radicati solo a livello regionale, che in Paesi con uno sbarramento elettorale nazionale non tenterebbero nemmeno l’esperienza delle elezioni politiche o non sarebbero considerati come opzioni valide da votare per la palese impossibilità di ottenere seggi.
Elezione | Voti (%) CiU | Seggi | Seggi (%) |
1979 |
2,69% |
8 |
2,29% |
1982 |
3,67% |
12 |
3,43% |
1986 |
5,02% |
18 |
5,14% |
1989 |
5,04% |
18 |
5,14% |
1993 |
4,94% |
17 |
4,86% |
1996 |
4,60% |
16 |
4,57% |
2000 |
4,19% |
15 |
4,29% |
2004 |
3,23% |
10 |
2,86% |
2008 |
3,05% |
10 |
2,86% |
2011 |
4,17% |
16 |
4,57% |
Elezione |
Voti (%) PNV |
Seggi |
Seggi (%) |
1979 |
1,53% |
7 |
2,00% |
1982 |
1,88% |
8 |
2,29% |
1986 |
1,53% |
6 |
1,71% |
1989 |
1,24% |
5 |
1,43% |
1993 |
1,23% |
5 |
1,43% |
1996 |
1,27% |
5 |
1,43% |
2000 |
1,52% |
7 |
2,00% |
2004 |
1,62% |
7 |
2,00% |
2008 |
1,18% |
6 |
1,71% |
2011 |
1,33% |
5 |
1,43% |
Possiamo, quindi, considerare come l’esperienza spagnola tenda a rafforzare un bipartitismo nazionale, a garantire un diritto di tribuna sottodimensionato rispetto ai voti effettivamente conquistati per le forze medie nazionali ed infine a garantire uno spazio politico importante a partiti regionalisti molto radicati.