Il Parlamento lavora di più, ma produce meno leggi
Lavorano di più, ma producono meno leggi. Sembra strano, ma è così: è il paradigma della diciassettesima legislatura. Crescono le ore in Parlamento e il numero delle presenze dei deputati e senatori. Eppure la produttività legislativa decresce.
Le ragioni sono variegate. La prima è per l’uso – abuso, secondo certi – del decreto legge, un istituto in capo al potere esecutivo (il Governo) tecnicamente da utilizzare solo in momenti d’emergenza. Non è così da anni, ormai. Spesso l’attività legislativa la fanno i Governi e non il Parlamento, preferendo quindi i decreti legge ai disegni di legge. Più veloci i primi, necessitano di una ‘semplice ratifica’ entro 60 giorni. I secondi, invece, hanno bisogno di un percorso più lungo, più complesso ma anche maggiormente ragionato. Secondo molti il Parlamento è diventato ormai un mero esecutore del Governo (non solo quello Renzi). Parla Pino Pisicchio, capogruppo al Gruppo Misto: “oggi l’iniziativa dell’attività legislativa vede una netta prevalenza dell’esecutivo, che è autore delle leggi approvate in una misura che oscilla tra l’80% (scorsa legislatura) e il 75% ( attuale)”.
Come detto sopra, oggi si lavora di più: vero. Facciamo il confronto fra l’attuale legislatura e l’undicesima, la cui Camera dei Deputati era presieduta da Giorgio Napolitano: le sedute al mese erano 13,39, mentre oggi si attestano a 16,2. Una sensibile crescita. Il parlamentare medio oggi lavora 5,4 ore per seduta, mentre al tempo ‘solo’ 4,5 e queste rappresenta un aumento notevole. Ma Pisicchio aggiunge ancora un dato alla questione: “le mozioni, gli ordini del giorno, le risoluzioni occupano ormai più del il 40% dell’attività d’aula, con una crescita esponenziale anche rispetto alle due ultime legislature, attestate intorno al 25- 27%”. Tuttavia escono meno leggi dal Parlamento, pur avendo molte riforme ‘in forno’, pronte per essere sfornate. Ma dal Governo, per l’appunto.
Daniele Errera