Jobs Act, congedo per le vittime di violenza: la legge c’è ma non si può applicare
Jobs Act, congedo per le vittime di violenza: la legge c’è ma non si può applicare
Congedo pagato per le donne vittime di violenza: è questo uno dei provvedimenti più importanti del Jobs Act di Matteo Renzi, la possibilità per le lavoratrici inserite in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, sia dipendenti (pubbliche e private) che collaboratrici a progetto, il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo massimo di tre mesi” senza perdere lo stipendio e continuando a maturare i contributi previdenziali.
Un provvedimento innovativo e una chiara presa di coscienza da parte del governo, che però fino adesso è rimasto solo sulla carta: il decreto legislativo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 24 giugno, ed è entrato in vigore il giorno successivo. Manca però la circolare applicativa dell’Inps, senza la quale le aziende non possono accogliere le richieste delle dipendenti. La delibera amministrativa deve passare dalla direzione centrale prestazioni a sostegno del reddito dell’Inps, ma il provvedimento è fermo da quasi 10 mesi.
Jobs Act, Taddei (Cgil): “responsabilità dell’Inps”
L’Inps non ha fornito spiegazioni, ma a commentare sono stati i sindacati. Loredana Taddei, responsabile nazionale politiche di genere della Cgil, ha chiesto all’Inps di “emanare subito la circolare” – e ha spiegato: “questo diritto è ancora scritto sulla carta e non è esigibile. La responsabilità ricade interamente sull’Inps che non ha ancora emanato la necessaria circolare applicativa”. Critiche anche dai centri antiviolenza, Gabriella Moscatelli, presidente del Telefono Rosa, ha commentato: “sono stata tra le più critiche nei confronti della norma perché per il 95% della donne è impossibile denunciare la violenza” – e ha aggiunto: “adesso, però, rivendico il diritto ad aver l’applicazione di una legge, anche fosse buona solo per una donna”. Un provvedimento necessario anche per abbattere il muro di silenzio sulle violenze, come ha spiegato la stessa Moscatelli: “Tre mesi non sono sufficienti a lasciarsi alle spalle la difficoltà, ma permettono di allontarsi dalla vita di tutti i giorni. Tre mesi possono aiutare a maturare la consapevolezza di intraprendere un percorso e a non sentirsi più colpevoli, ma vittime”.