Referendum trivelle al via. Domani, dalle 7 alle 23, si svolgerà il referendum abrogativo sulla scadenza delle concessioni per le trivellazioni in mare entro le 12 miglia dalla costa, che, oggi, è fissata all’esaurimento dei giacimenti nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale.
Referendum trivelle: primo promosso da Regioni
Saranno 49 milioni gli italiani coinvolti nella consultazione, che, per la prima volta nella storia repubblicana, è stata promossa da nove Consigli regionali. Quello di domani, è il 67° referendum della Repubblica e cade cinque anni dopo le ultime consultazioni. Come sottolineato anche da un dossier della fondazione Openpolis, si tratta di una forma di voto inaugurata nel 1974 con il tentativo di abrogazione della legge sul divorzio, ma che ha avuto una particolare diffusione solo a partire dagli anni Novanta (cinquantadue consultazioni negli ultimi ventisei anni, di cui quasi la metà non andate a buon fine a causa del mancato raggiungimento del quorum).
Referendum trivelle: gli scenari del sì e del no
Ma di fronte a quali scenari ci troveremo lunedì mattina, ad urne chiuse e scrutinio ultimato? Se vincerà il no, la legge rimarrà in vigore e pertanto le concessioni scadranno quando i giacimenti verranno esauriti.
Al contrario, nel caso in cui prevalga il sì, nel momento in cui la concessione sarà terminata, si dovranno cessare le attività. Il tutto avverrà in un lungo arco di tempo, perché se è vero che in alcuni casi la scadenza sarà nel 2016, in altri essa è prevista per il 2034.
Affinché, però, la norma contenuta nell’articolo 6 comma 17 terzo periodo del decreto legislativo 152/2006 – a cui il quesito si riferisce – sia abrogata sarà necessario che voti il 50% più uno degli aventi diritto. Una sfida, quella per il raggiungimento del quorum, su cui si è insistito durante l’intera campagna elettorale e sulla quale non sono mancate le polemiche. Le ultime in ordine cronologico sono state quelle di Rifondazione Comunista e del Movimento Cinque Stelle, pronti a denunciare il premier Renzi e l’ex Capo dello Stato Napolitano per aver invitato l’elettorato all’astensione.
Controversie, quelle con l’esecutivo, che si sono protratte anche sul fronte della scelta della data del voto. In tal proposito, Radicali e Codacons avevano fatto ricorso al Tar e al Consiglio di Stato – che si sono pronunciati rigettando la richiesta – chiedendo l’accorpamento della tornata con le elezioni amministrative. Un caso non espressamente previsto dalla legge, ma che, comunque, avrebbe consentito risparmi in termini di costi di organizzazione.