Renzi, l’Incredibile Hulk e la brutta fine del servizio pubblico.
Fumetti e cartoni animati: un argomento sul quale il Presidente del Consiglio dovrebbe essere molto preparato, avendo spesso attinto, in passato, a metafore tratte dalle serie giapponesi degli anni settanta e ottanta per marcare la distanza anagrafica con i suoi avversari.
Eppure una delle trame più in voga in questo genere di racconti sembra sfuggirgli del tutto: è quella dello scienziato che crea una medicina per salvare il mondo ma esagera con la dose, trasformando la sua cavia in un mostro fuori controllo, pronto a distruggere l’intera città.
Eppure il PD in questo errore c’era cascato da poco, impegnandosi negli ultimi anni in una demonizzazione dell’Europa (utilizzata per lavarsi la mani da misure impopolari con il famoso ritornello “ce lo chiede l’Europa”) tornata indietro come un boomerang sotto forma di rafforzamento del fronte anti europeista tra gli elettori. Proprio dal tentativo, andato evidentemente a buon fine, di rimediare a quest’errore è nata la campagna di quest’anno (quella, per intenderci, del “ce lo chiedi tu”).
Renzi sta facendo lo stesso errore con la questione della Rai.
Prendere tutti quei soldi da un’azienda pubblica che già naviga in cattive acque senza perdere in popolarità è difficile, su questo siamo tutti d’accordo. Ma Renzi non può fare a meno di prelevare quei 150 milioni, e prelevarli proprio dalla Rai, per due motivi: il primo è che gli servono i soldi (ha abbassato il cuneo fiscale sul lavoro dipendente e parasubordinato in maniera tangibile, da qualche parte i soldi devono rientrare); il secondo è che gli servono le antenne di RaiWay. Ma che di deve fare con queste antenne? Il fatto è che Renzi vuole la legge elettorale (e, in subordine, passare alla storia come quello che ha fregato Berlusconi); Berlusconi, in cambio della legge elettorale, vuole le antenne di RaiWay per Mediaset (e, in subordine, restare alla storia come quello che ha fregato Renzi). Non è difficile capire alla fine chi avrà fregato chi, ma tant’è: quella di barattare le antenne del servizio pubblico con la legge elettorale è una scelta politica ed evidentemente Renzi ha il diritto di compierla; il tempo la giudicherà.
Quello che Renzi, d’altro canto, non dovrebbe assolutamente fare è costruire, per servirsene, il mostro Rai, trasformando nell’immaginario comune un’azienda fatta di ottimi impiegati, grandi professionisti e altissime competenze in un pozzo ingoia soldi ai bordi del quale nobili sfaticati gongolano in interminabili festini. Non è così e non lo sarà mai. Forse lo è stato, ma quei tempi sono andati da almeno vent’anni. Oggi in Rai si lavora, e di brutto, a ritmi serrati e con compensi ridicoli, per consegnare un servizio pubblico che è il più visto, percentualmente, d’Europa, e quello con il costo al cittadino più basso (tutti abbiamo potuto leggere i dati nella pubblicità del canone di quest’anno).
Ma la Rai non può e non deve raggiungere il massimo della sua efficienza, per non sbilanciare il duopolio con Mediaset. Anche questo è un dato politico del quale si deve prendere atto: finché gli italiani vorranno affidare una parte così rilevante dei loro mandati elettorali al proprietario di Mediaset il canone non verrà agganciato alla bolletta e la Rai sarà controllabile e controllata.
Quindi il Presidente del Consiglio prenda pure i 150 milioni, se crede, ma si assuma la responsabilità delle persone che perderanno il lavoro (la maggior parte collaboratori esterni, senza ammortizzatori sociali) e lasci che la storia giudichi la sua scelta. Manifesti la natura delle sue riflessioni e dei suoi accordi, se crede nella strategia intrapresa, invece di dipingere il servizio pubblico nazionale, per uscirne con le mani pulite, come un mostro che merita di essere cacciato con torce e forconi.
Perché altrimenti, quando la legge elettorale sarà stata varata e gli interlocutori politici placati, potrebbe essere troppo tardi per curare le ferite della Creatura e riportarla nel recinto della società. E allora i cittadini italiani avrebbero perso una delle loro più grandi risorse, un patrimonio che negli altri paesi non hanno.
Perché nessuno garantisce che ci sarà un lieto fine. Quello succede solo nei cartoni animati.