Pensioni: allineandosi all’allarme lanciato da Mario Draghi, che ha ricordato come livelli di disoccupazione praticamente senza precedenti stiano colpendo la generazione più istruita di sempre, Tito Boeri, Presidente dell’Inps, propone di arrivare il prima possibile a una flessibilità in uscita nel sistema pensionistico, altrimenti, “l’Italia rischia di perdere intere generazioni”.
Pensioni: chi è nato nel 1980 va in pensione a 76 anni
Sì, ma in che senso? Se si prende ad esempio la “generazione 1980” – ha detto Boeri intervistato da Repubblica a margine del graduation day dell’Altemps dell’Università Cattolica di Milano – emerge come un lavoratore tipo con “una discontinuità contributiva, legata probabilmente a episodi di disoccupazione, di circa due anni” abbia un “buco” destinato a pesare sul raggiungimento delle pensioni “fino anche a 75 anni”.
Insomma, i nati nel 1980 potrebbero essere costretti a lavorare fino a 75 anni e oltre. Colpa dei buchi contributivi – il salto nel versamento di 2 anni citato da Boeri – ma anche di una norma contenuta nella riforma Fornero che non premia le carriere intermittenti e i redditi bassi.
Ci si riferisce all’articolo 24 del Salva-Italia, quello che contiene la riforma delle pensioni firmata Fornero-Monti del 2011, comma 7 e 11: chi va in pensione con il sistema contributivo – chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 – può uscire in modo anticipato a tre anni dal requisito o per vecchiaia solo se rispetta un limite di reddito. E quanto più questo reddito è basso, tanto più tardi potrà ritirarsi.
La ratio dei tecnici era, per dirla in breve, se sei “ricco” vai prima in pensione, al contrario, lavori fin quando non hai un pensione “dignitosa”. Se si considera anche l’aumento della speranza di vita (è basata su calcoli Istat: uno aggiunge 2,4 anni di vita ogni 3 anni, un’altro 5,1 mesi) il calcolo arriva a 76 anni e 4 mesi (i fortunati vanno in pensione un pò prima, a 72 anni).