Ammonta a 19,7 milioni il numero di voucher dal valore nominale di 10 euro venduti nei primi due mesi del 2016. A dirlo è l’Inps, nel rapporto sul precariato, pubblicato proprio in questa settimana. Secondo l’istituto presieduto da Tito Boeri, il dato è ancor più rilevante se rapportato ai numeri dell’anno scorso: rispetto allo stesso periodo di riferimento del 2015, infatti, i voucher sono aumentati del 45,2%. Al contrario, è calato il saldo dei contratti a tempo indeterminato, che passa dalle 143.164 unità del 2015 alle 37.113 dei primi due mesi del 2016.
Voucher, nuova forma di lavoro precario e in nero?
E mentre a margine del Graduation day organizzato dall’Università Cattolica di Milano, proprio Tito Boeri ha rilanciato la necessità di rivedere la flessibilità in uscita – “C’è il rischio di una generazione perduta” ha dichiarato il numero uno dell’istituto di previdenza sociale, sottolineando l’alta disoccupazione giovanile – c’è chi solleva dubbi e perplessità sui voucher quale forma di pagamento del lavoro.
Il tema, in particolare, è stato trattato da Repubblica. In un articolo di Roberto Mania di ieri, infatti, si ricorda l’escalation dell’utilizzo di questa forma di retribuzione negli ultimi otto anni: nel 2008 erano 24.437 gli italiani pagati tramite ticket, mentre oggi essi sono più di 1,3 milioni. Come ricorda il pezzo, essi sono prevalentemente donne (circa il 50%) e giovani (il 31%). Il voucher, nelle intenzioni del legislatore, doveva servire a pagare prestazioni occasionali, ma la crescita del suo utilizzo fa pensare che esso sia uno strumento di retribuzione di veri e propri lavori. Ma perché tanto clamore? Perché, da questo punto di vista, il voucher contribuirebbe a rendere il lavoro più precario, favorendo l’economia sommersa.
Il problema: i voucher non sono tracciabili
Il problema, infatti, sta proprio nella non tracciabilità dei voucher. Detto altrimenti, spetta ai datori di lavoro il compito di comunicare a consuntivo i giorni in cui i dipendenti sono stati impiegati nella prestazione lavorativa. “In questo meccanismo – scrive Mania – che si affida all’onestà del datore di lavoro, si annida la possibilità dell’elusione e degli abusi”.
E un riscontro a tutto ciò, secondo il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, pare esserci sulla base dello “scarto crescente di voucher acquistati e voucher effettivamente riscossi”. Il che, comunque, fa riferimento ad un’altra forma di elusione: quella dell’acquisto di ticket senza che poi esso venga riutilizzato per ottenere il rimborso dall’Inps.
Governo al lavoro per renderli tracciabili
Proprio per evitare il sommerso e l’elusione delle norme, il governo sarebbe al lavoro per studiare misure che rendano i ticket tracciabili. Lo scopo è quello di disciplinare la materia proprio nei decreti attuativi del Jobs Act, che sono modificabili sino al 25 giugno.
In questa maniera, spiega Mania, i datori di lavoro saranno obbligati a comunicare in via telematica giorni e ore in cui intendono impiegare i lavoratori. Una misura, sottolinea Repubblica, che nel caso del lavoro intermittente, ha avuto i propri frutti, giacché si è registrato un ampio aumento del numero di ore.