Comunali Roma, intervista ad Alessandro Mustillo (Partito Comunista)
Termometro Politico ha intervistato Alessandro Mustillo, che nelle prossime elezioni amministrative del 5 giugno 2016 sarà candidato a sindaco di Roma per il Partito Comunista guidato da Marco Rizzo.
Alessandro Mustillo, perché un 26enne comunista si candida a sindaco di Roma?
Per dare un segnale e contribuire al processo di ricostruzione comunista di cui c’è bisogno. So benissimo che oggi non ci sono le condizioni per avere un sindaco comunista a Roma, ma le elezioni possono essere un momento importante per rafforzare la nostra presenta tra lavoratori e giovani. Penso ci sia un parte rilevante delle persone di sinistra, che si sentono orfane, che vorrebbero una forza comunista coerente e radicata. A Roma quanto accaduto in questi ultimi mesi ha ulteriormente acuito questa condizione. E penso anche ai miei coetanei che capiscono che questo sistema fatto di disoccupazione, precarietà è ingiusto. I nostri ideali sono attualissimi, bisogna dar loro organizzazione.
Ad oggi, cosa funziona meglio e cosa peggio a Roma?
Negli ultimi anni in realtà è difficile trovare qualcosa che funzioni bene. Roma è una città al collasso in balìa dei poteri forti, quelli veri, che non si eleggono con le elezioni, ma si reggono sulla consistenza dei conti in banca. Abbiamo un debito di cui non si conosce il 43% dei creditori, opere incompiute costate alla collettività centinaia di milioni, un sistema di trasporto inefficace, mancano asili nido, migliaia di persone non hanno casa in una città con duecentomila immobili sfitti, negli uffici pubblici manca un quarto dei lavoratori per carenze di organico e tagli. Del turismo, di cui tanto si parla, a Roma resta una parte minima degli introiti. Potrei continuare per ore…
Quali sono le Sue priorità per la Città Eterna?
Lavoro, casa, diritti, periferie, e in generale i temi sociali abbandonati anche a sinistra. Invertire i processi di privatizzazione e il ricorso alle esternalizzazioni che hanno portato al sistema di mafia capitale, stabilizzare i precari, colmare gli organici: meno dirigenti a chiamata, più lavoratori in servizio effettivo. Assicurare una casa a chi ha i requisiti ed è in lista d’attesa, migliorando la gestione del patrimonio comunale e colpendo la grande proprietà speculativa. Incrementare i servizi sociali specialmente nelle periferie, investire su strutture sportive, attività culturali per impedire che i giovani siano lasciati alla droga e al degrado. Roma ha bisogno di una nuova stagione di conquiste sociali, come fu quella realizzata dalle giunte comuniste con Argan e Petroselli alla fine degli anni ’70. Vorrei ripartire da lì.
“A Roma non basta un cambio, serve una rivoluzione”, è il vostro slogan. Cosa intendete, nello specifico?
Non è uno slogan massimalista, ma la condizione necessaria per fare tutto quello di cui ho parlato prima. Significa innanzitutto rompere con i meccanismi del patto di stabilità che impediscono gli investimenti che servono per le politiche sociali. Cancellare il piano Tronca che a Roma impone cinquecento milioni di euro di tagli per i prossimi anni. Una carneficina sociale che questa città non può sostenere. In generale spazzare via una politica asservita ad un sistema di potere di interessi che hanno governato Roma per anni. Parlo degli amici dei palazzinari e dei banchieri con partiti di centrodestra e centrosinistra dalla stessa parte della barricata. Roma e i suoi cittadini sono stati violentati. In pochi anni sono sorti nuovi quartieri che non hanno neanche l’acqua corrente nelle case, o dove bisogna pagare il pedaggio autostradale. Ci sono opere incompiute che sono costate milioni di euro, come la città dello Sport, o i punti verde qualità. Gli stessi lavori delle metropolitane sono un esempio di arricchimento continuo su appalti, subappalti e varianti. Solo pochi giorni fa al consorzio di costruttori della metro C sono stati abbonati 44 milioni di euro di penali per i ritardi nelle consegne dei lavori. Si fa debito e poi si taglia sulle spalle dei cittadini e dei servizi sociali. Una rivoluzione a Roma sarebbe rompere con tutto questo, quindi con i diktat europei e gli interessi del grande capitale, ponendo al centro dell’amministrazione i diritti della maggioranza dei cittadini romani.
Alessandro Mustillo, il Partito Comunista cui Lei fa parte rivendica nel proprio pantheon anche Giuseppe Stalin. Quindi qualora diventasse sindaco, anche Lei abolirebbe la proprietà privata e chiuderebbe tutte le chiese?
Per i lavoratori la proprietà privata è messa a rischio dai mutui delle banche, non dai comunisti. Noi vogliamo colpire la rendita fondiaria, la grande proprietà immobiliare, sottraendo beni alla speculazione. Sulle chiese, chiediamo che alberghi o impianti sportivi di enti ecclesiastici non siano mascherati da beni di culto e paghino le tasse come tutti.
La Sua lista può vantare il 50% di candidature assegnate a ragazze e ragazzi al di sotto dei 35 anni. Anche voi, allora, rottamatori come Renzi?
Non siamo fautori di scontri generazionali. Il rinnovamento che poniamo è politico: rottura con la linea opportunista tenuta dai partiti della sinistra radicale che ha condotto al disastro. La presenza così forte dei giovani rispecchia lo stato reale della nostra organizzazione che a Roma ha ottenuto il 18% di voti nelle scuole ed è molto radicata tra i giovani.
Quale tipo di risultato vi aspettate per il vostro partito? L’importante è partecipare oppure puntate ad una percentuale minima?
Sappiamo che non saranno le elezioni a cambiare la condizione reale di Roma. Il vero obiettivo è la risposta che incontriamo tra lavoratori, giovani, vecchi militanti comunisti che in queste ore ci contattano e si uniscono a noi. Sul risultato puntiamo a superare quanto fatto nel 2013 dalla Federazione della Sinistra [1,12%, NdR] Sarebbe un segnale per interrompere la caduta di questi anni. Un modo per dire: più giù non si va, tiriamo una linea e ripartiamo da qui.
Quali candidati sente più lontani e quali invece più vicini, o perlomeno, meno lontani? Come vi comporterete ad un eventuale ballottaggio?
Abbiamo dichiarato da subito che non sosterremo alcun candidato al ballottaggio, in particolare quello del PD per essere chiari. Il PD oggi è il principale avversario politico. Anche la candidatura di Fassina non rompe con le precedenti esperienze: governano insieme al PD in regione, governavano insieme fino a ieri al comune e nei municipi e ripropongono le stesse persone. I comunisti devono essere un’altra cosa.