Urne aperte in Siria, ma è un voto con un vincitore scontato: il presidente Bashar al Assad è certo della vittoria. Per lui sarà il terzo mandato. Governerà la Siria per altri sette anni.
Le urne si sono aperte alle 7 ora locale (erano le 6 in Italia). Secondo il ministero dell’Interno sono 15 milioni e ottocentomila i siriani chiamati a esprimere il proprio voto. Ma quella di oggi è una consultazione elettorale a metà: i seggi sono stati allestiti solamente nelle aree della Siria sotto il controllo del regime. Esclusi i campi profughi e le zone ancora in mano ai ribelli. Non solo: il presidente siriano se la vedrà contro una pattuglia di candidati pressoché sconosciuti.
Imponenti le misure di sicurezza. Nella capitale sono stati allestiti posti di blocco. “Una parodia della democrazia”, secondo l’opposizione siriana. Per il regime si tratta invece di un voto “democratico e trasparente”.
Quasi certa un’alta affluenza nelle roccaforti del regime come Damasco. Attesi numeri più bassi nelle zone da poco sottratte ai ribelli, come Homs.
La Siria è lacerata da una guerra civile che va avanti ormai da tre anni. Sono oltre 162mila i morti fino a oggi. Milioni i profughi. La vittoria politica che Assad si prepara ad incassare dal voto di oggi si somma alle recenti affermazioni militari. Il regime non ha ancora ripreso il totale controllo della nazione, ma rispetto a un anno fa il quadro è profondamente cambiato.
I ribelli, che controllavano gran parte del paese, hanno subito le controffensive delle truppe governative. La riconquista di Homs, la scorsa primavera, ha certificato il sorpasso. Sul campo, è Assad che sta vincendo. La riconferma elettorale che otterrà oggi servirà come arma da utilizzare sui tavoli della diplomazia internazionale. Secondo molti analisti il voto rappresenta proprio un messaggio da lanciare agli avversari in patria e all’estero: Assad non ha alcuna intenzione di mollare.