Jihadismo, esperti di intelligence: “l’Occidente non sta vincendo”
Nella lotta allo Jihadismo, l’Occidente non sta avendo la meglio. Come riporta l’Harvard Gazette. Infatti, alcuni esperti di intelligence sono convinti che quanto si stia già facendo non basti per fronteggiare i sostenitori della “guerra santa” contro gli “infedeli”.
Secondo l’ex direttore della Cia Michael Morrell, infatti, quella che sta vedendo contrapposti l’Occidente e le frange più estremiste dell’Islam è una guerra che riguarderà anche le generazioni future. “Credo che la generazione dei miei figli e dei miei nipoti combatterà ancora questa guerra”, ha spiegato l’ex numero uno dell’intelligence d’Oltreoceano ad un incontro organizzato dalla Harvard Kennedy School.
Anche Tamir Pardo, ex capo del Mossad – l’intelligence israeliana – “siamo in una sorta di Terza guerra mondiale”. Secondo l’ex numero uno dei servizi segreti di Gerusalemme “non è sufficiente eliminare questi terroristi” e tanto meno tentare di prevenire gli attentati tanto in Israele quanto in Europa.
Jihadismo: la lotta riguarderà le generazioni future
Per Morrell sono state tre le concause dello jihadismo: la crescita dell’estremismo islamico, il fallimento dei governi arabi (con la sola eccezione degli Emirati Arabi Uniti e di Israele) nell’affrontare il problema sotto un aspetto economico, politico e sociale e il tentativo dell’Iran sciita di imporre il proprio predominio sulla parte della penisola araba dichiaratamente sunnita.
Anche Pardo ritiene che ci sia la necessità di affrontare di petto il problema secondo un approccio politico ed economico. Per l’ex capo del Mossad, infatti, la guerra in Siria sarà “molto peggio” se non si tentano di risolvere quegli aspetti socio-economici come la mancanza di cibo, istruzione e sanità, su cui fa perno l’estremismo religioso. Il problema, poi, non si lega tanto alla stabilità politica quanto all’indebolimento sotto il profilo militare di Iraq e Siria.
Secondo Morrell, infatti, l’aspetto peggiore della destituzione di Saddam Hussein è stato quello di distruggere l’apparato militare di Baghdad.
Tanto Morrell quanto Pardo, poi, ritengono che la crescita dello jihadismo non sia tanto da attribuire alla causa dello Stato palestinese. Gerusalemme, infatti, non teme, da questo punto di vista, il rischio di invasioni da parte dei gruppi terroristici.
Piuttosto, i due esperti pensano che sia necessario dover prestare maggiori attenzioni ai comportamenti dell’Iran, che l’Occidente potrebbe mettere in secondo piano, premendo di più sulla lotta al terrorismo. Entrambi, infatti, non vedono di buon occhio il sostegno che Teheran presta ad alcuni gruppi di insorti regionali. Pardo, in particolare, ritiene di non essere sicuro “che non tenteranno di fare qualcosa di stupido nei prossimo anni”, giudicando un “errore” aver consentito all’Iran il sostegno ai ribelli nello Yemen.