Generazione call center. Questa potrebbe essere la definizione degli under 30 italiani. Anzi, degli under 40: in effetti gli occupati nei call center nostrani hanno una media di 35-40 anni. ‘Tutta la vita davanti’, film del 2008 diretto da Paolo Virzì, ben spiega le dinamiche che intercorrono all’interno di questi centri di lavoro, rigorosamente precari e nei quali sempre più giovani, fresche, preparate e laureate menti stanno ‘invecchiando’. Oggi le operatrici e gli operatori dei call center si sono riuniti in sciopero a Roma. Le loro, semplici, richieste riguardano il miglioramento delle condizioni lavorative.
Indetto da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, ma partecipato da tanti e tanti operatori non iscritti ai sindacati, lo sciopero è partito stamane da Piazza della Repubblica e terminerà intorno alle 12:30 presso Piazza Santissimi Apostoli. La richiesta, oltre quella di miglioramento della condizione lavorativa (e quindi l’esigenza di contratti più lunghi così da poter costituire una modesta stabilità), è quella di arrestare le delocalizzazioni (si pensi alla dislocazione dei call center dall’Inghilterra all’India nei due passati decenni) ed il fenomeno del dumping.
Il settore call center non è piccolo affatto: 80.000 addetti in 2.270 diverse aziende, ma sempre più si verifica la problematicità della delocalizzazione per l’abbattimento di costi del lavoro portando in altri luoghi, l’est Europa ad esempio, gli uffici telefonici. La richiesta dell’abolizione delle gare al massimo ribasso, quindi, sono il punto cardine delle richieste societarie, in quanto portano i bandi ad essere vinti sempre più da società straniere, ovvero favoriscono irregolarità e lavoro sommerso.
Anche Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, partecipa al corteo, intervenendo poi dal palco presso piazza SS Apostoli. Parla Michele Azzola, responsabile del settore ‘Lavoratori della Comunicazione’ della Cgil, la Slc, affermando ad Adnkronos come “questi ex ragazzi, questi lavoratori meritano una risposta perché in Europa quello che succede in Italia non capita. Crediamo che il governo debba intervenire prontamente sulla normativa dei cambi d’appalto per dare sicurezza e garanzia ai lavoratori”. Il segretario della Slc continua: “le leggi italiane favoriscono e incentivano il dumping. In un paese normale tutto questo non succederebbe e anzi si punterebbe a qualificare questi lavoratori che sono senza volto ma in realtà risolvono quotidianamente i problemi dei cittadini ed è giusto dargli dignità”. Concludendo, sostiene come “negli altri Paesi europei dal 2001 quando un’azienda decide di fare un cambio d’appalto, cioè cambiare il fornitore di servizi, le leggi impongono a chi vince di riassumere i lavoratori con le stesse garanzie di prima”.
Daniele Errera