Libertà d’informazione, Gallup: crollo negli ultimi cinque anni
Sono tempi funesti per la libertà d’informazione. E non solo in Italia. A meno di un mese dall’uscita della classifica di Reporters sans frontières (Rsf) arriva un’altra rilevazione piuttosto preoccupante a livello mondiale: un sondaggio di Gallup svolto in 131 paesi fotografa un crollo preoccupante delle risposte positive dei cittadini alla domanda “I media nel tuo paese sono molto liberi o no?”. Se solo nel 2010 la media dei “sì” raggiungeva il 67%, negli ultimi 5 anni si è assistito ad un tracollo quasi continuo (unica eccezione tra il 2011 e il 2012) fino al 61% del 2015. Questo dimostra, conclude Gallup nel suo rapporto, come “la diffusione di accesso a Internet e l’informazione proveniente dai dispositivi mobili difficilmente garantiscono un maggior accesso a notizie ed informazioni affidabili”.
Libertà d’informazione, Freedom House: punto più basso da 12 anni
Il più importante istituto demoscopico statunitense nel rapporto mette in evidenza la “corrispondenza” con i dati pubblicati nella Giornata Mondiale della Libertà di Informazione (3 maggio) da Freedom House, l’organizzazione non governativa che insieme alla francese Rsf si occupa da anni di studiare questo fenomeno. Proprio nel rapporto pubblicato una settimana fa l’organizzazione sottolinea come “nel 2015 la libertà di informazione abbia toccato il punto più basso da 12 anni a questa parte” perché “forze politiche, terroristiche e criminali hanno cercato di cooptare o silenziare i media nella loro più ampia lotta per il potere”.
Libertà d’informazione, Gallup: Finlandia prima, ultimi Gabon e Siria
Secondo Gallup i paesi in cui la percezione della libertà di informazione è minore – soprattutto per il “controllo del governo sui media mainstream” – sono il Gabon e la Siria, sconvolta da una guerra civile che dura ormai da 5 anni. L’istituto demoscopico però esclude dalla rilevazione due tra i paesi più liberticidi come Cina e Iran. Al contrario, nelle prime quattro posizioni di questa speciale classifica si posizionano i quattro paesi scandinavi in cui la percezione della libertà di informazione è “quasi universale”. La Finlandia stacca tutti gli altri con il 97% dei pareri positivi. Seguono a ruota Danimarca (95%), Svezia (95%) e Norvegia (94%). Dati simili – ma con qualche divergenza – si rilevano sia nella classifica di Freedom House in cui i 4 paesi scandinavi si posizionano entro le prime 6 posizioni, che in quella di Reporters sans frontiéres che conferma le stesse posizioni di Finlandia, Danimarca e Norvegia ma colloca la Svezia solo al quinto posto, sebbene in ripresa rispetto all’8°del 2014.
Libertà d’informazione, Italia al 77° posto
E l’Italia? Nella classifica pubblicata il 20 aprile scorso da Rsf il Belpaese si posiziona al 77° posto (su 180!) dopo Suriname, Burkina Faso e Corea del Sud, solo per citarne alcuni. Dal 2014 ad oggi l’Italia è caduta di ben 28 posizioni mentre rispetto all’anno precedente ci siamo fatti sorpassare da Lesotho, Nicaragua, Tanzania e Armenia. I motivi di questa débacle secondo l’organizzazione francese vanno ricercati nel numero spropositato (“tra i 30 e i 50”) di giornalisti “sotto protezione perché minacciati” e nel processo Vatileaks che il Vaticano sta portando avanti contro Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, rei di aver scritto due libri pieni zeppi di informazioni segrete sulle finanze pontificie.
Nei giorni successivi all’uscita di questa umiliante classifica, è montata la polemica su molti media italiani che si sono chiesi quanto in realtà sia “affidabile” una rilevazione di questo tipo e se la stampa in Italia sia davvero meno libera di Stati che con la democrazia non hanno mai avuto niente a che fare. Il sito di informazione Il Post ha messo in evidenza la “metodologia molto complessa” che rischia di portare “a risultati bizzarri o difficilmente spiegabili”. Anche il Foglio venerdì scorso ha dato risalto ad alcuni problemi metodologici. Uno su tutti: il processo Vatileaks si svolge in uno stato straniero – lo Stato Pontificio – e quindi non può essere ascritto alle ragioni del declino italiano. Inoltre il quotidiano diretto da Claudio Cerasa ha anche sottolineato come la valutazione sulla classifica di Rsf è affidata ad esperti del settore sparsi per tutto il mondo ma “è evidente che se mettendo in fila cose misurate con metri diversi, la classifica che ne viene fuori è fortemente distorta e dipinge un quadro surreale”.
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Giacomo Salvini
Twitter @salvini_giacomo