Grecia: la crisi del debito e la lenta agonia di Atene
Eccoci giunti nuovamente ad un bivio cruciale. La crisi del debito sovrano e la fragilità del sistema del credito della Grecia tornano prepotentemente alla ribalta, nella lista delle emergenze economiche comunitarie, proprio mentre piazza Syntagma viene messa a ferro e fuoco per via dell’approvazione, da parte del Parlamento e del governo di Alexis Tsipras, dell’ennesimo piano di rigore economico basato su aumenti d’imposte e tagli del sistema previdenziale per un totale di 5,4 miliardi.
Grecia, Berlino e la questione del debito
Quando alla fine della Seconda guerra mondiale la Germania fu costretta dalle potenze vincitrici ad enormi sanzioni pecuniarie per cercare di ricreare un tessuto economico ed industriale in quella tabula rasa che era divenuta l’Europa centrale dopo Hitler, il debito estero tedesco ammontava a circa 30 miliardi di marchi. Parte di questi contratti per il foraggiamento della poderosa macchina bellica teutonica prima delle ostilità e parte contratti con gli Stati Uniti, dopo la definitiva disfatta.
La storia ricorda che con l’Accordo sul debito di Londra, firmato nel febbraio del 1953, la Repubblica Federale di Germania riuscì non soltanto ad ottenere una dilazione dell’enorme debito estero, con dei pagamenti spalmati comodamente su più di trent’anni, ma soprattutto un sostanziale taglio del 50 per cento dell’importo riducendo così i 30 miliardi di netto dovuto, a 15. Questo facilitò enormemente la ripresa della crescita tedesca negli anni successivi, semplificando i piani di rientro di una nazione divisa simbolo dei due blocchi contrapposti.
Con le dovute proporzioni per due sistemi politici ed economici profondamente diversi e per le altresì diverse condizioni storico-sociali, anche il debito pubblico greco mantiene, proprio come quello che allora affliggeva il marco tedesco, una sostanziale tendenza al rialzo. Tale tendenza è il vero coltello piantato nel fianco di Atene.
I prestiti messi in campo nel tempo dai principali creditori dello Stato ellenico, Banca centrale europea, Commissione europea e Fondo monetario internazionale, per intenderci la Troika, non sono serviti ad eliderne la cancrena, ma soltanto a procurare uno sterile effetto placebo fino al momento del prossimo saldo degli interessi dovuti. Una lenta agonia, un accanimento terapeutico, un circolo vizioso senza uscita?
Il debito della Grecia: rompere il meccanismo perverso
Secondo i dati diffusi recentemente dalla Commissione europea, il debito di Atene è cresciuto senza requie dal 160 per cento del proprio Prodotto interno lordo, nel 2012, al 185 per cento del 2016. La liquidità messa in campo l’estate scorsa dai Fondi di emergenza europei (Ela), non sembra dunque aver sortito l’effetto sperato: rimettere in piedi un sistema finanziario insolvente contando unicamente sulla ricapitalizzazione degli interessi a lungo termine e sulla richiesta coatta di tagli e tasse, forse, non è l’idea migliore.
Sul Sole 24 Ore Mohamed El-Erian, consulente economico capo del gruppo Allianz, ha citato una particolare condizione di stasi economica che ben esemplifica le attuali difficoltà presenti in terra di Grecia. El-Erian ha parlato di “eccesso di indebitamento” cui le istituzioni europee cercano di far fronte con lo schema finanziario-transazionale noto come “‘extend and pretend’ (estendi i termini del prestito e fingi che quel prestito non sia in sofferenza)”.
Per rompere il meccanismo perverso e corrosivo che sembra essersi creato non soltanto in seno alle alte sedi di potere del Vecchio continente, quanto nelle fibre dell’esausto sistema statale greco, El-Erian ha postulato una riduzione del debito accompagnata da un intenso schema di riforme strutturali: “La Grecia potrà superare i suoi guai economici soltanto cambiando il modo col quale li affronta. In particolare, la Grecia e i suoi creditori devono riuscire a concordare un programma accettabile di riduzione del debito che vada a sostegno delle necessarie riforme interne. Un simile approccio, a favore del quale l’Fmi si è già espresso, incentiverebbe in maniera considerevole le prospettive per una crescita futura”.
Ad oggi, per la Culla della civiltà, la strada mantenuta è ancora quella dell’intransigenza senza alcuna riduzione del debito pubblico in vista. Inoltre, il prossimo 20 di luglio Atene dovrà versare altri 2,2 miliardi di euro alla Bce per rifondere un lotto di bond in scadenza. Ciò nonostante, a sostegno dell’avvio di eventuali colloqui circa la situazione delle finanze greche, sono arrivate le parole del vicecancelliere tedesco socialdemocratico Sigmar Gabriel, che, riflettendo sull’ostica situazione ellenica, ha definito inutile e controproducente “schiacciare i germogli di ripresa economica con altre misure di austerità”.
Riccardo Piazza