Articolo pubblicato da Daniele Errera il 17/05/2016
Sono ore importantissime per la Libia. Da una parte l’Isis, dall’altra il Governo di Unità Nazionale. E la Comunità Internazionale, spettatrice interessata. Tanto che si parlava d’ipotesi di supporto terrestre. Tesi negata nelle ultime ore da una nuova proposta.
L’invio di forze terrestri ormai non si farà. Si è pensato a lungo circa questa possibilità, ma sarebbe stata un’iniziativa estremamente dispendiosa a livello economico e che non avrebbe giovato a quegli esecutivi che avessero voluto partecipare: sarebbero stati indicati come Governi imperialisti. Un ‘Iraq due’. Nonostante la missione fosse lodevole: garantire la sicurezza della sede Onu libica. Alla fine si è deciso che il contingente del Nepal si recherà a Tripoli per difendere la sezione delle Nazioni Unite.
In casa Italia, la prima svolta è arrivata dal Ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, che nei giorni scorsi aveva ripensato alla strategia sulla Libia. Lo stesso Renzi ha affermato come “di fronte alle pressioni per andare in Libia, abbiamo scelto una strada diversa”, sebbene resti l’obiettivo “prioritario dell’unità e la stabilizzazione della Libia”, afferma Gentiloni in una nota della Farnesina.
Libia, la linea dell’Italia
La via italiana di lotta all’Isis in Libia e pacificazione di quello Stato è sostanzialmente la linea comune a quella dei grandi Paesi. Gli Stati Uniti, ad esempio. L’amministrazione Obama non è favorevole all’invio di truppe militari sulle coste nord africane, le ripercussioni in vista delle elezioni di novembre sarebbero pesantissime. Ecco perché Kerry (Segretario di Stato statunitense) avrebbe proposto al vertice di Vienna un appoggio esterno al Governo di unità nazionale di Tripoli: praticamente aiuti militari. Una decisione sofferta, ma attesa da oltre 20 Stati, sostiene Al Jazeera. Una sovvenzione che è “pronta per rispondere alla richiesta del Governo Libico per l’addestramento e la formazione” delle truppe che andranno a fronteggiare i militari del Califfato.
Per fare tutto questo, tuttavia, bisognerà aggirare l’embargo nei confronti della Libia, vecchio retaggio di rapporti negativi creatisi in un passato così remoto. L’esenzione sembra una formalità, ormai. Ma bisognerà arrivarci il prima possibile per mezzo della decisione dell’Onu. Ne parla Kerry: “appoggeremo il consiglio di presidenza e cercheremo di revocare l’embargo e fornire gli strumenti necessari per contrattaccare l’Isis in Libia. E’ importante e urgente risolvere la situazione in Libia il più velocemente possibile, tutti conoscono il prezzo inaccettabile delle rivalità interne che stanno infliggendo al popolo libico, all’economia e alla sicurezza e l’aumento dell’estremismo che sta traendo vantaggio”.
Superato l’impasse dell’embargo, saranno molto probabilmente le armi al Governo di Unità Nazionale. Anche il premier Serraj le ha drammaticamente richieste alle Nazioni Unite: “non chiediamo un intervento straniero in Libia, ma chiediamo assistenza con addestramento e la rimozione dell’embargo delle armi al nostro governo: la comunità internazionale ha responsabilità verso la Libia, e quando si tratta di sconfiggere lo Stato islamico ricordo ai nostri amici che questo sarà raggiunto dagli sforzi libici e senza intervento militare straniero”. Un grido di aiuto a cui l’Italia risponderà ‘presente’, promette Gentiloni: “siamo pronti ad addestrare ed equipaggiare le forze militari libiche come ci chiede il governo Sarraj”.
Daniele Errera