Gianluigi Paragone si ribella si ribella all’ordine dei giornalisti. Il conduttore de La Gabbia ha scritto infatti una lettera al direttore di Libero, il quotidiano per cui lavora, annunciando la possibile fine della sua carriera da giornalista professionista. Il motivo? Il rifiuto di partecipare alla formazione obbligatoria prevista dall’ordine.
La lettera a Maurizio Belpietro si apre con l’annuncio: “Caro direttore, ti consegno uno dei miei ultimi articoli da giornalista professionista. Forse a fine anno l'(inutile) Ordine mi caccerà per mancanza di aggiornamento professionale” – il motivo: “ho zero crediti. Zero. Certo, potrei dire che di contro ho al mio attivo due ore al giorno di radio (con relative riunioni preparatorie), una trasmissione settimanale in tv (con relative riunioni per organizzare temi, servizi e interviste agli ospiti) o una decina di articoli al mese; tutte attività che richiedono studio, letture, riflessione, tempo.”
Da qui una critica all’Odg per la mancanza di contatti con il giornalista, una routine che si è rotta solo con l’ avviso riguardante la formazione obbligatoria, che si chiudeva con la frase: “con buon senso ma anche con la dovuta responsabilità invito quindi gli iscritti a non incorrere nell’inadempienza dell’ articolo 20 del regolamento”.
Ma Paragone non ci sta, e rifiuta la partecipazione alla formazione. “Lo dico al presidente dell’Ordine: non mi sono iscritto alla piattaforma informatica, né ho preso parte ad alcun corso di aggiornamento obbligatorio. Né infine ho tenuto seminari o altro genere di fantasticherie oratorie utili a cumulare crediti”.
Nessuna formazione ma tanto impegno professionale da parte del giornalista, anni passati a dar battaglia a leggi inutili e alla macchinosa burocrazia italiana, compresi gli ordini: “sono per l’ abolizione degli Ordini professionali, come per il superamento del valore legale del titolo di studio, sono per oltrepassare la frontiera della burocrazia se non laddove fosse indispensabile. I corsi di formazione obbligatoria con relativo creditificio non lo sono. Quindi io mi oppongo. In attesa di essere sanzionato.” E aggiunge: “inviterei il presidente a provvedere già in tal senso; la quota gliel’ho già pagata, non ho mai sgarrato con quelle precedenti quindi non cerco scappatoie per evitare morosità: il mio è un atto di disobbedienza, di ribellione. Si faccia vivo. Mi chiami”.
Paragone: “E’ un atto di ribellione”
Non una protesta personale, ma un vero e proprio atto di ribellione: “perché questa ribellione è la ribellione alla sclerotizzazione burocratica. Basta, porcaccia miseria! Basta! Passiamo il tempo a raccontare di carte, di bolli, di corsi, di firme; e poi di ricorsi, controcarte, avvocati e via dicendo. Raccontiamo le odissee degli imprenditori e degli artigiani; spesso le commentiamo indignandoci per la taranta che lo Stato obbliga a danzare. Ecco, ora che tocca a me, dico no. Per coerenza”.