Nagorno-Karabakh: la necessità di una pace
I leader dell’Armenia e Azerbaijan, mentre hanno promesso una soluzione non militare al conflitto, hanno rinnovato l’impegno per il regime di cessate il fuoco nella regione contestata del Nagorno-Karabakh.
I leader dei due Stati rivali si sono incontrati per la prima volta dopo il riaccendersi delle tensioni dell’inizio aprile, quando l’esercito azero e i separatisti armeni hanno ripreso le ostilità, causando più di centodieci vittime e centinaia di feriti. Dopo tre giorni di bombardamenti, con conseguenti vittime e giochi di colpe che ne hanno fatto seguito, il 5 aprile a Mosca, è stato mediato un cessate il fuoco tra i maggiori responsabili di Stato dei due paesi.
Lunedì 16 maggio a Vienna, in occasione del vertice multilaterale dei ministri degli Esteri su Siria e Libia, il presidente armeno Serzh Sargsyan, il presidente dell’Azerbaijan, Ilham Alieva, il segretario di Stato Usa John Kerry, il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov, e il ministro degli esteri francese Jean-Marc Ayrault, hanno “concordato un prossimo incontro che si terrà a giugno, in un posto da decidere, con l’obiettivo di riprendere i negoziati per una soluzione globale”.
“I presidenti hanno ribadito il loro impegno al cessate il fuoco e la ricerca di una soluzione pacifica del conflitto. – riporta un comunicato del Gabinetto armeno – Per ridurre il rischio di ulteriori violenze, le parti hanno concordato la messa a punto di un meccanismo di controllo dell’OSCE nel più breve tempo possibile”.
Nagorno-Karabakh: la costante delle preoccupazioni
Sargsyan e Aliev affermano di sostenere una soluzione negoziata alla controversia; eppure, con la Turchia che aiuta fortemente l’Azerbaijan e la Russia che è obbligata a proteggere l’Armenia da un patto di reciproca sicurezza, ci sono timori per una possibile escalation.
All’inizio di questo mese, il governo armeno ha dato il via libera alla normativa che prevede il riconoscimento dell’indipendenza del Nagorno-Karabakh. L’Azerbaijan ha condannato l’iniziativa, sostenendo che potrebbe far naufragare i colloqui di pace e ha presentato suppliche alle Nazioni Unite, NATO e UE, chiedendo che Yerevan “liberi tutti i territori occupati e fornisca l’integrità territoriale e la sovranità completa alla Repubblica dell’Azerbaijan, come riconosciuto a livello internazionale”.
I funzionari americani si dichiarano preoccupati delle recenti violenze intendendole come il risultato di reciproci test militari, cosa resa più preoccupante dall’introduzione negli ultimi anni di molte armi pesanti. Negli scontri precedenti le vittime erano principalmente opera di cecchini, ma dall’anno scorso, entrambe le parti hanno introdotto mortai, lanciarazzi e artiglieria.
Nagorno-Karabakh, è una regione montuosa dell’Azerbaijan con circa 150.000 abitanti, e si distende su una superficie di 12.000 chilometri quadrati: dal 1994 è sotto il controllo delle forze etniche locali e dell’esercito armeno.
Da allora, il conflitto è un continuo sobbollire di tensioni tra cristiani armeni e azeri, per lo più musulmani, ultimamente incrementato dal colpo economico della chiusura del confine armeno con la Turchia, che ha lasciato regionalmente il paese isolato con confini aperti solo con la Georgia e l’Iran.
Commentando l’opportunità di trovare un’intesa pacifica al conflitto, Lavrov, ha sottolineato che se “non ci fosse una possibilità, allora la Russia, gli USA e la Francia non si sarebbero impegnate per trovare una soluzione – riporta l’agenzia Tass.