Elezioni comunali: Openpolis fotografa le città maggiori alla vigilia del voto
Elezioni comunali: si intitola “Tempo di bilanci” l’ultimo minidossier di Openpolis che fotografa la situazione di Roma, Milano, Napoli e Torino alla vigilia del voto. Dall’osservatorio si rileva che, rispetto alla gestione delle metropoli nell’ultimo decennio circa, in generale, l’aumento della tassazione locale è servita più a risanare i conti pubblici che a rendere autonomi i comuni. Da oltre un decennio si assiste, infatti, alla riduzione dei trasferimenti statali e al parallelo aumento di imposte e tasse comunali: dopo una breve interruzione nel 2008 (abolizione dell’Ici sulle prime case), la “crisi” ha dato nuovo vigore a tale tendenza.
Elezioni comunali: Openpolis fotografa le città maggiori alla vigilia del voto
A tal proposito, notano gli autori del rapporto, “tra le quattro città maggiori, nel 2005 quella con il fisco più oneroso chiedeva ai suoi cittadini oltre il doppio delle tasse e imposte incassate da quella con la pressione tributaria più bassa (la pressione tributaria a Milano segnava 861 euro pro capite contro i 423 euro di Napoli). Nel 2014 la forbice si è ridotta: Milano riscuote ancora più tasse di Napoli, ma la differenza è scesa al 12%”.
L’autonomia è venuta meno anche dal punto di vista delle uscite, si sottolinea da Openpolis, poiché “il patto di stabilità interno, diventato più stringente, ha inibito la capacità di spesa dei comuni. Non potendo tagliare granché sulle spese correnti, generalmente rigide, le più sacrificate sono state quelle per gli investimenti, compromettendo infrastrutture e sviluppo economico locale”.
In parole povere, “lo sforzo richiesto ai comuni per risanare i conti statali si è tradotto in una pressione tributaria locale più alta per i contribuenti”. Nel 2005, tra imposte e tasse i cittadini di Roma, Milano, Napoli e Torino versavano in media 669 euro a testa al proprio comune.
Nel 2008 la cifra è scesa fino a 356 euro. Si assiste a un’impennata nel 2011, colpevole la reintroduzione dell’Imu sulla prima casa, l’anno dopo si assiste al picco di 995 euro pro capite. Nel 2014 i cittadini delle 4 maggiori città hanno versato in media 921 euro all’erario comunale.
Come si nota chiaramente dal grafico sottostante “nel 2005 meno della metà degli incassi delle quattro città in esame proveniva dalle imposte su casa e fabbricati (45,1%). Oltre un terzo delle entrate fiscali derivava da altri tipi di imposte, come quelle di soggiorno (34,8%). L’addizionale Irpef costituiva ancora una voce piuttosto marginale. Dieci anni dopo le entrate da imposte sui fabbricati hanno superato la metà del totale: 55%. Altri tributi sono saliti all’11,2%, mentre l’addizionale Irpef rappresenta ormai il 14,5% degli incassi del fisco comunale”.
Diametralmente, un patto di stabilità divenuto sempre più stringente ha portato a una drastica diminuzione degli investimenti, delle spese da parte dei comuni: “non tanto quelle correnti, spesso rigide, ma quelle per investimenti, con conseguenze economiche rilevanti. Nonostante la generale tendenza al calo degli investimenti, i comuni in esame hanno seguito percorsi autonomi. A Napoli la minore contrazione: da 28,25 a 22,58%. Discesa più marcata nella capitale e a Torino, mentre a Milano si registra un tracollo: da 509,56% nel 2005 a 42% nel 2014”.
Nonostante la “distorsione” provocata dal caso romano (la capitale è stata sgravata da molti debiti nel periodo analizzato) resta il fatto che dal 2007 al 2014 si è assistito a una discesa dell’indebitamento nei 4 maggiori centri del paese, “allo stesso tempo è quasi raddoppiata la capacità di smaltimento dei residui passivi (generalmente somme dovute dal comune per servizi o lavori pubblici, NdR), passando dal 19,77% al 38,77%”.