Matteo Renzi ora dovrà trovare 20 miliardi. Dove prenderli?
Dopo la flessibilità concessa da Bruxelles e che ha fatto cantare vittoria al governo italiano, cominciano, almeno nei Palazzi, i crucci per il 2017. Sì perchè i miliardi di sforamento del deficit rispetto agi obiettivi, corrispondenti allo 0,8% del PIL, dovranno essere trovati il prossimo anno, per portare il deficit a quel 1,8%,sempre del Prodotto interno lordo, su cui difficilmente la Commissione potrà transigere.
Non solo, assieme a questi vanno individuati quelli necessari a non far scattare le clausole di salvaguardia, tra cui l’aumento di 2 punti dell’IVA, e, se il governo vuole mantenere le promesse, anche quelli necessari all’anticipo delle pensioni e al taglio delle tasse annunciato.
Matteo Renzi e la spending review, sarà la volta buona nel 2017?
Di fatto il costo del mantenimento dell’IVA ai valori attuali e della riduzione del deficit, alla crescita prevista del 1,1%, minore di quella stimata dal governo stesso, è di circa 10 miliardi, ma si raggiungerebbero i 20 con la riduzione delle tasse.
Perchè? Perchè 1 miliardo servirebbe per un intervento minimo per agevolare i pensionamenti anticipati, 3 o 6 miliardi per una diminuzione dell’IRPEF, a seconda se si tratti delle aliquote del 27 e 38% o del 23% e 27%. E inoltre ci sono gli 80€ ai pensionati, altri 2 miliardi.
Molti mettono l’accento sulla necessità di una vera Spending Review, in primo luogo messa in atto dalla Consip, cosa non facile, come sottolinea Repubblica, dopo che gli anni scorsi le ricette di Cottarelli sono rimaste lettera morta, e lo stesso Renzi che aveva promesso lo scorso anno tagli per 10 miliardi si è limitato solo a un terzo.
Il Sole 24 Ore mette l’accento anche sulla promessa di riduzione del debito, e di conseguenza degli interessi, ma anche questo sarà un compito arduo, perchè, sottolinea, non basterà vendere un’altra tranche delle Poste Italiane.
Il Corriere ricorda che il problema italiano è la produttività, che non cresce, e in cui anzi l’Italia si ritrova ultima in Europa, e che è invece determinante per il denominatore dei rapporti deficit/PIL o debito/PIL, appunto il PIL stesso.
Sarebbero tutti più soddisfatti se bastasse fare crescere il denominatore senza essere costretti a tagli o ad aumenti di imposta (come l’IVA), ma è molto difficile si riesca ad andare oltre quel 1,1% che viene pronosticato. Di conseguenza le forbici sono già nelle mani di Padoan